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Centro Studi La Runa

Archivio di storia, tradizione, letteratura, filosofia



Apocrypha e Vangelo di Didimo Toma: brevi note introduttive

1 January 2000 (11:00) | Autore: Lawrence Sudbury

Dopo la recente pubblicazione di alcuni testi di narrativa (primo tra tutti il famoso/famigerato Codice da Vinci, fin troppo spesso interpretato, forse persino al di là dalla volontà del suo autore, quasi più come saggio storico che come puro romanzo) sembra essersi riacceso in molti l’interesse per tutta quella serie di scritti relativi alla vita di Cristo che, esclusi con un lungo processo dal Canone ufficiale della Chiesa, vanno sotto la denominazione comune di “Apocrypha”.

Su questi libri è stato scritto e, spesso, inventato di tutto. Ma cosa possiamo dire realmente, storicamente, su di loro? Come sono nati? Perché? Dove? Qual’è il loro scopo? Quali e quanti sono questi testi?

Nel tentativo di rispondere a queste domande, la prima cosa da chiarire è che proliferazione di testi cristologici è naturale nei primi secoli del cristianesimo e nasce dal bisogno di consolidare e radicare attraverso la tradizione la rivelazione innovatrice del messaggio messianico.

Inoltre, dalla diversa comprensione e interpretazione teologica del messaggio cristiano, in comunità ancora fortemente autonome e non gerarchicamente strutturate, nascono, agli albori della diffusione della predicazione, sette, gruppi, scuole che hanno bisogno di fonti scritte su cui appoggiare le proprie tesi.

Tra le comunità protocristiane con orientamenti che oggi definiremmo “eterodossi”, possiamo ricordare, solo per menzionarne alcune:

· gli Ebioniti, chiamati anche gli umili o i poveri, probabilmente erano gli Esseni che confluirono nel cristianesimo originario: seguivano unicamente il Vangelo secondo Matteo, il solo (forse) scritto in lingua ebraica e rifiutavano l’apostolo Paolo (e le sue lettere), che consideravano apostata;

· i Docetisti, insegnavano che Cristo solo in apparenza era nato e morto rivestendosi di un corpo, e che l’Eucaristia non contiene realmente il corpo di Cristo;

· i Marcioniti, tra le più importanti sette del cristianesimo primitivo, respingevano l’Antico Testamento mentre del Nuovo prendevano solo il Vangelo di Luca e le lettere di S. Paolo, rinunciavano ai beni materiali e al matrimonio vivendo da asceti; sostenevano che il mondo era opera di un Dio imperfetto al di sopra del quale vi era il Dio buono che aveva inviato il suo spirito incarnatosi solo in apparenza nel Cristo;

· gli Gnostici, gli adepti di questa filosofia religiosa pretendevano di avere la conoscenza totale e privilegiata della Divinità; la salvezza non derivava, secondo loro, né dalla fede né dalle opere, ma dalla conoscenza intuitiva di Dio ottenuta per illuminazione diretta;

· i Manichei, ai quali aveva inizialmente aderito S. Agostino. Per lungo tempo questa setta fu considerata una corrente del cristianesimo, ma, in realtà, si trattava, pur con origine comune, di una diversa religione universale rivelata, basata sui principi dualistici tra il bene, identificato con la luce, con esso in eterno conflitto, il male, identificato con la materia. In questo quadro, la redenzione, per mezzo della preghiera e del digiuno, viene per opera di Gesù;

· gli Encratici, si astenevano dalla carne, dal vino e dal contrarre matrimonio e celebravano il ricordo di Gesù cenando con pane ed acqua;

· i Nicolaiti, casti, poveri e vegetariani, fondati da uno dei primi 7 diaconi degli Apostoli (1).

Appare allora evidente che, in un panorama così vasto, frastagliato e poco regolamentato, i racconti a tema cristiano fossero numerosissimi. Moltissimi di essi ci sono giunti attraverso varie fonti, le cui più importanti sono, senza dubbio, quella relative ai ritrovamenti di Nag Hammadi, località egiziana in cui, nel 1945 sono stati casualmente rinvenuti 13 papiri in copto contenenti 52 testi gnostici (2). Sostanzialmente, possiamo affermare di essere attualmente in possesso di circa un centinaio di scritti (3) più o meno completi.

Questa abbondanza di manoscritti, fatta salva la ricerca archeologica posteriore, è stata, probabilmente, in parte dovuta alla non esplicita posizione della Chiesa riguardo a questo genere di testi. Non esiste, infatti, una dichiarata condanna della Chiesa contro il complesso degli apocrifi. Sebbene l’Istituzione canonica sia molto chiara nel condannare ciò che trasmette errori ed eresie, non esistono documenti ufficiali protocristiani in tal senso: a ben vedere, il Decretum gelasiano (4), che avanza invece un’esclusione generalizzata degli apocrifi, ha carattere privato e di analogo tenore sono la risposta che Innocenzo I dà a Esuperio, vescovo di Tolosa (405) e la lettera di Turribio, vescovo di Astorga, a Idacio e Ceponio riguardo agli scritti in uso presso i priscillianisti in Spagna (445). Diversi altri scrittori ecclesiastici, poi, hanno posizioni piuttosto blande: Girolamo vede negli apocrifi stravaganze, contraddizioni e frasi di cattivo gusto, ne propone la abolizione totale non intravedendo in essi alcun vantaggio, ma aggiunge che, se qualcuno volesse leggerli, mosso dal rispetto per i prodigi narrati, deve tener conto del falso nome dell’autore e avere adeguata prudenza nel dar fiducia per ciò che è narrato (5); Agostino ha idee molto simili e sembra persino ancor più tollerante (6). Tra l’altro, esistono autori, sia occidentali che orientali, che si valsero o, quantomeno, non rifiutarono un compromesso con gli apocrifi: Clemente Alessandrino, Esichio, Epifanio, Andrea di Creta, Giovanni Damasceno e altri padri mostrano un’opposizione decisamente modesta (7).

Pertanto, nonostante alcune posizioni autorevoli che contrastavano l’uso degli apocrifi, essi continuarono ad influire in modo rilevante, sia nell’arte che nella liturgia come nelle opere di scrittori e nella pietà cristiana, con il risultato che molte notizie attuali hanno il loro fondamento proprio in questi testi: i nomi dei genitori della Vergine, Gioacchino ed Anna; la festa della Presentazione di Maria bambina al tempio (21 novembre); la grotta, il bue e l’asinello nella nascita di Gesù; i nomi dei magi: Gaspare, Melchiorre e Baldassarre; la Veronica; il martirio di Andrea (30 novembre), il Quo vadis e tanti altri elementi della tradizione cristiana sono derivati dagli scritti di autori apocrifi.

Anche per quanto riguarda il campo artistico, dal IV secolo in poi i bizantini abbelliscono le chiese di Roma con motivi tratti da libri non canonici: ad esempio, il mosaico sull’arco trionfale di S. Maria Maggiore a Roma (Sisto III, 435) e la vetrata della cattedrale di Le Mans rappresentano le statue degli idoli crollate davanti a Gesù Bambino (come dal racconto dello Pseudo-Matteo).

Nel secolo IX, sempre grazie alla civiltà cristiana bizantina, le leggende apocrife entrarono nel mondo slavo dove sono vissute fino al XIX sec. Molte sono le versioni slave e le iconografie. A diffondere questa letteratura furono in particolare i bogomili (affini ai catari), eredi del dualismo manicheo, e il dominio turco-mongolo (che impediva la diffusione di altri libri eccetto questi).

I vangeli gnostici. Vangeli di Tomaso, Maria, Verità, Filippo Anche in Occidente la diffusione apocrifa fu molto vasta, soprattutto nel Medioevo. I testi veramente eretici erano quasi del tutto scomparsi e rimanevano le elaborazioni ortodosse o gli scritti a carattere apologetico (puramente religioso e anedottico): così, l’arcivescovo di Genova, Giacomo da Varazze, ricopiò quasi per intero il Vangelo di Nicodemo nella sua Legenda aurea e così fece anche Vincenzo di Beauvais nello Speculum historiale.

Di conseguenza, anche nel medioevo occidentale, molti artisti, come già in precedenza, abbellirono le chiese traendo spunto da testi a-evangelici (Beato Angelico, Giotto), mentre numerosi scrittori, ancora ben oltre il Rinascimanto, fecero riferimento a tali scritti o a loro elaborazioni (Dante nella Divina Commedia, Milton nel Paradiso Perduto, Klopstock nella Messiade).

Persino nella letteratura spirituale del XVI secolo, nonostante il Concilio di Trento, fanno riferimento ad essi scritti sulla Vergine Maria di Agreda e Caterina Emmerich, o testi come la Vida de Nuestra Señora, inserita da P. de Ribadeneyra in Flos Sanctorum, Madrid 1675 (8). Una forte e diffusa popolarità, dunque, quella dei Vangeli apocrifi. Ma, fondamentalmente, come si struttura questa grande quantità di testi?

In linea generale, la lingua usata dagli autori apocrifi è la Koinè, ma ben presto sorsero versioni in lingue antiche e medievali: siriaco, copto, armeno, arabo. Tutti questi scritti, comunque, hanno, come caratteristica fondamentale, l’imitare i generi letterari dei Libri canonici: Vangeli, Atti, Lettere, Apocalissi. Talvolta riprendono o interpolano i testi del Canone, altre volte sono assimilabili alle novelle greche, il cui intento era soprattutto eziologico (spiegare un’usanza attraverso un racconto). Gli apocrifi, inoltre, hanno spesso scopo narrativo, cioè soddisfare la curiosità dei fedeli riguardo a fatti o persone poco presenti o sviluppati negli scritti canonici, particolarmente con riferimento all’infanzia di Gesù. In questo esprimono una “teologia popolare” (9), ma anche, in alcuni casi, possono rappresentare fonti storiche e “pietre di paragone” di notevole interesse.

Tra gli apocrifi più importanti e citati, vale la pena di ricordarne, in una tabella riassuntiva, alcuni che si inquadrano perfettamente nelle categorie evangeliche sopra menzionate (10).

Genere Nome Caratteristiche
VANGELI Il vangelo secondo gli Ebrei (nazareni) originale aramaico usato dai cristiani palestinesi di lingua ebraica, tradotto da Girolamo (sec. IV) in greco e latino. Risale al sec. II e secondo alcuni studiosi rappresenta un rifacimento ampliato dell’originale ebraico del vangelo secondo Matteo.
Il vangelo degli Egiziani In uso presso i cristiani egiziani. Probabile origine gnostica per dare fondamento all’eresia di questa setta molto diffusa in Egitto. Sec. II.
Il vangelo ebionita (o dei dodici apostoli) dell’inizio del sec. III. Probabilmente intendeva fornire giustificazioni dottrinali alla setta degli Ebioniti.
Il vangelo secondo Pietro pervenuto a noi solo in frammenti che narrano la passione, morte e sepoltura di Gesù con qualche allusione che fa pensare all’eresia docetista. Si fa risalire alla seconda metà del sec. II.
Il vangelo di Nicodemo in cui si tenta di minimizzare la colpevolezza di Pilato in merito alla morte di Gesù e include gli Atti di Pilato cioè un presunto “rapporto ufficiale” di Pilato sul processo a Gesù. Questa parte circolava in molte versioni fin dal II sec. (Anaphora Pilati, Lettera di Pilato, Paradosis Pilati) e indusse alcune comunità cristiane a venerare Pilato come santo e martire (notevoli saranno tali influssi in tutto il Medioevo). Testo greco con numerose versioni in altre lingue antiche.
Il Protovangelo di Giacomo appartiene al gruppo dei cosiddetti “vangeli dell’infanzia” che riportano con dovizia di particolari episodi della giovinezza di Maria, la nascita e l’infanzia di Cristo. Probabilmente è della metà del sec. II e vi ritroviamo per la prima volta i nomi dei genitori di Maria (Gioachino e Anna), il racconto della consacrazione di Maria a Dio e la sua presentazione al tempio. Lo scopo è quello di dimostrare la verginità perpetua e inviolata di Maria (prima, durante e dopo il parto) - l’attuale forma è in greco e risale al sec. IV.
Il vangelo copto di Tommaso di origine eretica, probabilmente gnostica, ci è pervenuto appunto in lingua copta (un dialetto greco-egiziano) e raccoglie una serie di detti attribuiti a Gesù.
Il vangelo dell’infanzia secondo Tommaso pervenuto a noi nella versione greca racconta varie storie della miracolosa scienza e potenza di Gesù. Nella forma attuale è posteriore al sec. VI.
Il vangelo arabo dell’infanzia compilazione tardiva di vari elementi bizzarri sull’infanzia di Gesù.
Storia di Giuseppe, il falegname scritto arabo miracolistico del IV secolo.
Il vangelo di Filippo pare esistesse già nel sec. III ed è di matrice gnostica neoplatonica con forte propensione per l’ascetismo - le particelle del divino sparse nel mondo devono essere riunite e strappate all’influsso della materia.
Il vangelo di Mattia anteriore al IV sec. e di matrice gnostica (della setta di Basilide che disprezzava la materia e faceva crescere lo spirito con la fede e la gnosi).
Il vangelo secondo Barnaba citato nel sec. IV è andato perduto, mentre sotto questo titolo circola in italiano un’opera scritta da un cristiano convertito all’Islam nel sec. XIV e in cui si dimostra che Muhammad è il messia e l’Islam l’unica vera religione.
Il vangelo di Bartolomeo (domande di Bartolomeo) in originale greco. L’anonimo autore del sec. III propone una serie di rivelazioni del Signore dopo la sua risurrezione e varie altre leggende che circolavano sui fatti successivi alla passione, morte e risurrezione di Gesù.
Abbiamo inoltre una serie di altri vangeli di difficile datazione e attribuibili in massima parte a sette eretiche per legittimare la loro dottrina: Vangelo di Andrea, di Giuda Iscariota, di Taddeo, di Eva, di Cerinto, di Valentino, di Apelle, secondo Basilide. In comune hanno un modo assai arbitrario di utilizzare il materiale canonico, propendono per speculazioni di tipo gnostico e si abbandonano a considerazioni cosmologiche a matrice apocalittica. Per questo sono anche definiti “vangeli-apocalissi”.
ATTI Atti di Paolo che includevano altri tre scritti tramandati poi autonomamente (Atti di Paolo e Tecla, Corrispondenza di Paolo coi Corinzi, Martirio di Paolo). Scritti in greco prima del 190 contengono numerosi elementi romanzeschi sulla vita e l’opera di Paolo. Suggeriscono l’idea della vita cristiana come una milizia agli ordini di Cristo re.
Atti di Pietro di autore siriano. L’opera ci è pervenuta frammentaria e risale alla fine del sec. II. Possediamo la traduzione latina e una parte dell’originale greco (vi ritroviamo il famoso racconto del “Domine quo vadis?”) - completato dal più tardivo Martirio del beato Pietro Apostolo scritto da Lino nel sec. VI. L’autore sembra professare l’eresia docetista.
Atti di Pietro e Paolo sembra del sec. III. Mettono in relazione i due apostoli evidenziandone l’amicizia e gli stretti rapporti; scritti in greco.
Atti di Giovanni scritti in Asia Minore tra il 150 e il 180, sono i più antichi di quelli a noi pervenuti, anche se possediamo solo frammenti dell’originale greco. Tendenze docetiste. Abbiamo la documentazione più antica di una liturgia eucaristica per i defunti, di cui presenta una bellissima anafora (= preghiera eucaristica).
Atti di Andrea forse scritti dall’eretico Leucio Carino nel 260 e pervenuti in modo frammentario nell’originale greco e versioni latine.
Atti di Tommaso è il solo libro pervenuto completo nel testo siriaco, composto verso la prima metà del sec. III. Narrano che l’apostolo predicò in India diffondendo un vangelo a sfondo gnostico manicheo. Riportano moltissimi inni liturgici assai belli, oltre ad elementi favolistici di grande fantasia.
Atti di Taddeo scritti in Siria e tradotti in greco da Eusebio, sono anteriori al sec. IV. Riportano tra l’altro la famosa corrispondenza tra il re Abgar di Edessa e Gesù. Si tratta di una serie di leggende locali attinenti l’antichissima comunità cristiana di Siria.
Esiste poi una serie di altri atti più recenti e quindi non significativi per il periodo storico di cui si stiamo occupando (Atti di Matteo, di Filippo, di Bartolomeo, di Barnaba, di Timoteo, di Marco ecc.).
LETTERE La Lettera degli apostoli (nota come epistula apostolorum) scritta tra il 130 e il 170 in greco ma pervenuta a noi nella versione etiopica è piuttosto un’apocalissi e propone una serie di rivelazioni di Gesù dopo la risurrezione. Esempio di letteratura religiosa non ufficiale che si rifà agli scritti canonici, con qualche tratto di carattere antignostico, soprattutto dove si parla della risurrezione della carne.
Lettere apocrife di Paolo ai Laodicesi (sec. IV), III° ai Corinti (anteriore al sec. III), Corrispondenza tra Paolo e Seneca (14 lettere anteriori al sec. III).
Lettera di Tito discepolo di Paolo, detto De Dispostione Sanctimonii, omelia sulla verginità degli asceti di ambo i sessi in cui si combatte l’abuso della convivenza di costoro. Scritto probabilmente in Spagna presso i priscillianisti. Sembra che l’originale fosse in greco, mentre a noi è pervenuta in latino.
APOCALISSI Apocalisse di Pietro composta in greco tra il 125 e il 150, per molto tempo fu considerata uno scritto canonico. Il testo integrale ci è pervenuto solo nella versione etiopica. Racconta una serie di visioni sulla bellezza del cielo e sull’orrore dell’inferno. Influssi di natura pitagorica e orfica.
Apocalisse di Paolo Circolavano varie versioni di un originale scritto in greco tra il 240 e il 250, probabilmente in Egitto. Possediamo una revisione greca del 388. Riporta una serie di visioni (per questo le versioni latine spesso l’intitolano Visio Pauli) alle quali si accenna nella 2 Cor. Vi attinse a piene mani l’immaginazione medioevale e non mancano riferimenti in Dante.
Apocalisse di Stefano di cui conosciamo solo il nome perché viene condannato in quanto eretico nel sec. VI.
Apocalisse di Tommaso scritto greco del sec. IV di matrice gnostica manichea - rivelazioni sulla fine del mondo molto note e usate dalla setta dei priscillianisti.
Le apocalissi di Giovanni diverse da quella canonica, furono attribuite all’apostolo Giovanni varie altre apocalissi contenenti dottrine molto particolari sulla fine del mondo e sull’Anticristo.
Le apocalissi della Vergine di origine recente. Maria riceve rivelazioni sull’inferno e intercede per i dannati.

Come è possibile notare, siamo di fronte ad una quantità di materiale di origine, struttura, validità storica e letteraria e argomento assolutamente disparato. Onde tentare di sviluppare una sorta di sistematizzazione, possiamo, però, raggruppare la maggior parte dei testi in tre grandi categorie:

1. Vangeli giudeo-cristiani: compaiono nella prima metà del II secolo. Spesso riportano tradizioni proprie, anche se, in ultima analisi, dipendono dalla tradizione sinottica. (Vangelo degli Ebrei, Vangelo degli Ebioniti, Vangelo dei Nazorei).

2. Vangeli gnostici: tralasciano la vita terrena di Gesù (11), per riferire rivelazioni segrete comunicate agli Apostoli nel “lungo” periodo intercorso tra la Pasqua e l’Ascensione, perfettamente in coerenza con la loro filosofia di fondo, lo gnosticismo, che ricordiamo essere “un insieme di dottrine filosofico-religiose nate ad Alessandria d’Egitto nel II secolo d.C. Che successivamente si diffusero in tutto l’Impero Romano e dal Medioriente fino alla Persia, Il termine gnosticismo (dal greco Gnosis, conoscenza) si riferisce ad un complesso di conoscenze segrete ed esoteriche del divino riservate a pochi iniziati, le cui origini non sono ancora del tutto chiarite e sembrano affondare in correnti culturali e religiose pre-cristiane, come la speculazione mistica diffusa in ambienti ebraici del I secolo d.C. o le dottrine dualistiche di derivazione mazdaistica zoroastriana persiana” (12). Quasi tutti i testi di questa corrente ci sono stati consegnati dalla scoperta di Nag-Hammadi (ad esempio i Vangeli di Maria, di Verità, di Filippo, ecc.).

3. Vangeli popolari: sviluppano una parte dei Vangeli canonici, aggiungendo tradizioni popolari e fantastiche, con particolare attenzione all’infanzia di Gesù. Lo scopo è molto spesso antigiudaico (Protovangelo di Giacomo, Vangelo dell’infanzia di Tommaso, Vangelo di Nicodemo, ecc.).

Richard Valantasis, Il Vangelo di Tommaso. Versione copta integrale commentata Ovviamente, il valore letterario e storico-documentale varia largamente da testo a testo ma, al di fuori delle categorie menzionate, un discorso a parte va fatto per uno scritto che si differenzia enormemente da tutti gli altri, il Vangelo di Tommaso. Si tratta di una raccolta di 114 logia (ovvero “detti di Gesù”) con rare cornici narrative (domande degli Apostoli al Cristo e poco più…), verosimilmente nata nel II secolo in Siria.

Il contenuto è sapienziale e riguarda il rapporto di Dio con l’uomo e dell’uomo col mondo: dunque non rivela i tratti più tipici dello gnosticismo classico, o meglio, rivela una sorta di forma di pensiero pre-gnostica di difficile classificazione (13). L’interesse per il Gesù storico è praticamente nullo: la salvezza non viene dall’evento pasquale, ma dall’appropriazione della sapienza dei suoi logia (14):

Questo testo pone fortemente il problema del rapporto con l’ipotesi della “Fonte Q” (15): dei 114 logia, 79 sono in comune con i Sinottici, 46 con “Q”. Si era inizialmente pensato che il Vangelo di Tommaso contenesse detti ricavati dai vangeli canonici; invece l’ordine dei detti è completamente diverso da quello canonico e la forma è spesso molto più arcaica: quindi si pensa che il Vangelo di Tommaso e la “fonte Q” abbiano in comune solo uno stadio molto antico della tradizione dei detti di Gesù (16).

Perché, allora, questo “quinto Vangelo” non è mai stato incluso nel Canone? Cosa ostava al suo inserimento? Eppure, eminenti studiosi hanno affermato la sua autenticità, la sua antichità e la sua importanza teologica, con affermazioni quali

“…il Vangelo secondo Tommaso è rimasto senz’altro più fedele alla realtà storica rispetto alla tradizione sinottica” (17)

e

“i maggiori studiosi concordano nel dire che fra tutti gli scritti cristiani non canonici in nostro possesso il Vangelo di Tommaso contiene la registrazione più autentica degli insegnamenti di Gesù” (18)

Forse alla sua canonicità ostava il fatto che negasse la necessità di una mediazione ecclesiastica per la salvezza (19)? O forse il fatto che alcuni suoi loghia sembrano piuttosto difformi dall’insegnamento paolino (20)? Entrambe le ipotesi possono essere valide.

Resta, comunque, il fatto che questo è l’unico Vangelo apocrifo per cui, con buona pace di saggisti e, soprattutto, romanzieri vari, abbia un senso poter parlare di esclusione almeno parzialmente arbitraria dal Canone.

* * *

NOTE

1) Per una breve trattazione sul panorama settario protocristiano cfr. F.L. Manco, Il grande enigma, Roma, Ed. propria, 2004.
2) Cfr. E. Pagels, I vangeli gnostici, Milano, Mondadori, 2005, pgg. 15-20.
3) Per una lista piuttosto completa, anche se non completamente esaustiva, si rimanda al sito internet www.comparative-religion.com.
4) Erroneamente a lungo attribuito a Papa Gelasio I, ma, in effetti, scritto da un autore della Gallia meridionale nel IV secolo.
5) Cfr. Girolamo, Apocryphorum deliramenta, Commentario a Isaia 17.
6) Cfr. Agostino d’Ippona, De Civitate Dei, XV 23,4.
7) Cfr. W. Schneemelcher, New Testament Apocrypha, Cambridge, James Clarke & Co, 1991-1992, passim.
8) Cfr. V. Giglio, Apocrifi e la loro fortuna medioevale, Portale medioevo.
9) Cfr. F.Falconi, I Vangeli apocrifi, mysterium.blogosfere.it
10) Per la costruzione della tabella, cfr. J.B Williamson (a cura di) e R. Shaylor (a cura di), From the Mind of God to the Mind of Man: A Layman’s Guide to How We Got Our Bible, Greenville, Ambassador-Emerald Intenational, 1999, passim.
11) Che danno per scontata attraverso la lettura dei Canonici, come ricorda L. Moraldi, I Vangeli gnostici, Milano, Adelphi, 1993, pag. X.
12) Cfr. D. Sironi, prefazione a E. Pagels, citato, pgg. 6-7.
13) Cfr. J. Dart, R. Riegert, J.D. Crossan, The Gospel of Thomas: Unearthing the Lost Words of Jesus, Berkley, Sistown, 1998, passim.
14) “E disse: Chi trova l’interpretazione di queste parole non gusterà la morte” (I° logion)
15) Che molti filologi neotestamenteri ritengono essere la fonte prima perduta degli altri Vangeli.
16) Cfr. F. Falconi, citato e M.Pincherle, Il quinto Vangelo. Il Vangelo di Tommaso con testo copto a fronte, Roma, Macroedizioni, 1998, pgg. 5-11.
17) Cfr. J.Roloff, Gesù. Le fonti cristiane e la loro interpretazione, Torino, Einaudi, 2002, pag. 18.
18) Cfr. S.Davies, The Gospel of Thomas and Christian Wisdom, Seabury, Harper and Row, 1983, pag. 9.
19) Si pensi al loghion VI: “I suoi discepoli lo interrogarono e gli chiesero: “Vuoi tu che digiuniamo? In che modo dovremo pregare e fare elemosina? E quali regole dovremo seguire riguardo al cibo?” Gesù rispose: «Non dite sciocchezze, e non fate ciò che non sentite di fare; giacché tutto si svela davanti alla Verità. Infatti non vi è nulla di nascosto che non venga alla luce e nulla di celato che rimanga senza divenire manifesto»”.
20) Si pensi, ad esempio, al loghion III: “Gesù disse: «Se coloro che vi guidano vi diranno, ‘Sì, il Regno è nei cieli’, allora gli uccelli dei cieli vi precederanno. Se vi diranno, ‘È nei mari’, allora i pesci saranno in vantaggio su di voi. Il Regno è invece dentro voi e fuori di voi. Quando conoscerete voi stessi, allora sarete consci, e comprenderete di essere figli del Padre vivente. Ma se non vi conoscerete, allora dimorerete nella povertà, e sarete la povertà stessa»”.