Relazione sociale ed economica
Proposte di intervento
Al sig. sindaco del Comune di Plataci
Con la presente lettera datata 23-02-2005 mi rivolgo al rappresentante istituzionale della nostra comunità. La popolazione è testimone che sono nato a Plataci e risiedo in codesto comune da 45 anni, come risulta anche all’anagrafe.
Nelle seguenti esposizioni ho cercato di esprimere alcune delle conclusioni a cui sono pervenuto.
Esse sono corredate con concetti ricavati dallo studio, dalla ricerca e dall’esperienza vissuta e rappresentano un contributo, che insieme a quello degli altri, mi auguro vada ad ampliare il patrimonio culturale, sociale ed imprenditoriale del nostro comune.
Poiché non abbiamo la preparazione e gli strumenti per approntare una relazione che suggerisca un processo o procedura di qualità, mi auguro almeno di stimolare gli altri componenti della comunità a una approfondita rivisitazione delle nostre condizioni.
Sono rimasto incuriosito alorché un lontano parente dall’Argentina, (di professione ingegnere e impresario di costruzioni) della Città di Santa Fe, un giorno, per posta elettronica mi disse:
il patrimonio culturale di Plataci non può definirsi in poche linee, è fantastico sotto ogni punto di vista, permette, al che non conosce Plataci, sentirsi come uno più di quello posto e condividere storie, vissuto, emozioni e fondamentalmente questo ultimo, ancora più accresciute per il fatto di trovare al presente a tanto Stamati e nel passato.
Quello che volesse che mi conti è quali sono le principali attività in Plataci, che vivono in cui lavorano, etc.
Apprezziamo questo sostegno morale verso una realtà povera e modesta come la nostra, prendiamo atto che la platacesità esiste anche in posti così lontani da noi e che c’è altra gente che non guarda solo ai soldi.
Pensandoci e senza sbagliare di molto, potremmo rispondere a questo nostro “platacese”, la cui famiglia e emigrata in Argentina più di cento anni fa, che da allora fino ad oggi la situazione è cambiata di poco.
Tante generazioni sono vissute e hanno cercato di migliorare e migliorarsi, ma non esiste alcuna realtà produttiva e imprenditoriale capace di garantire un lavoro, un’economia, nonostante le particolari personalità che sono apparse e vissuto in questi luoghi.
Questo è un luogo di continua emigrazione. Io stesso mi ricordo centinaia e centinaia di volti femminili e maschili, che non vedo più da decenni, poiché sono emigrati nei posti più lontani del pianeta in cerca di una vita migliore. Oggi la vita è qui possibile, solo e grazie all’ esistenza dello Stato e al suo principio di civiltà, che attraverso le pensioni e quei pochi impiegati e salariati garantisce un minimo di economia alla comunità.
Il patrimonio territoriale di notevole estensione per la popolazione esistente è utilizzato in minima parte e in modo tale da non produrre nemmeno lontanamente il fabbisogno minimo della gente.
Si può chiaramente dire che più di metà della popolazione, per sopravvivere deve emigrare o cercare lavoro nei territori vicini, mentre, per la situazione di crisi generale persiste la disoccupazione con conseguente impossibilità di garanzie per una vita dignitosa.
Si può chiaramente dire, che nonostante gli sforzi di buona parte della comunità, le garanzie principali rimangono quelle del governo nazionale che però coprono solo metà della popolazione, mentre l’altra metà viene discriminata, stabilendosi così privilegi che portano di conseguenza anche differenze umilianti.
Mi sia concesso, visto la difficoltà del tema trattato e per sdrammatizzare, appellarmi al buon senso, cercando di affrontare serenamente la questione come dice l’amico e poeta Giacomo Leopardi: Ordunque.
1) sintetica descrizione del lavoro.
All’interno dello stato le principali forme di lavoro risultano essere:
Lavoro Pubblico, cioè alle dipendenze di un ente pubblico.
Lavoro indipendente o autonomo,cioè agricoltore,artigiano, commerciante,libero professionista ecc.
Lavoro associativo o cooperativo, cioè come socio in società o in cooperativa.
Lavoro privato, cioè alle dipendenze di un imprenditore privato in aziende, fabbriche ecc.
Ognuna di queste forme di lavoro si organizza uno spazio nel territorio e nella comunità e si manifesta attraverso la propria forza lavoro e gli strumenti propri, affermandosi e costruendo un mercato.
Nel nostro territorio il lavoro privato è assente, per mancanza di imprese o aziende.
Il lavoro prevalente è quello pubblico, ma la risorsa maggiore è costituita dalle pensioni.
Il lavoro autonomo è minimo ed è dipendente dalle risorse del lavoro pubblico e dall’introito pensionistico.
Il lavoro cooperativo è presente, ma allo stadio iniziale da svariati decenni, possiamo dire per mancanza di cultura della cooperazione e mancanza di sostegni finanziari, di conseguenza ancora improduttivo.
2) brevi note personali
Secondo ciò che mi è concesso e richiesto nel quarto articolo della costituzione:
4.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
La mia partecipazione sociale e la mia esperienza lavorativa negli ultimi venticinque anni si è sviluppata oltre che:
a) nel lavoro autonomo come geometra, (da solo e associato con altri tecnici, geometri, ingegneri e architetti) ricordando che ammontano a più di venti solo le opere pubbliche da me progettate e dirette, oltre a quelle private e alla progettazione e direzione della sede della cooperativa Corbec ;
b) nel settore “culturale” e informatico;
c) Nella cooperazione, ricordo che sono socio della Cooperativa Corbec dal 1984, 17 anni come presidente del collegio sindacale e 4 come amministratore, purtroppo con modesti risultati produttivi fino ad oggi, ma a questo punto in grado di relazionare con chiarezza sui meccanismi inibitori, e sui motivi di staticità o di movimento rallentato.
A titolo di chiarimento devo dire che la cooperazione, l’abbiamo dovuta arrangiare, poiché per molti motivi i sostegni sono stati modesti, mentre i pochi finanziamenti pubblici, quelli significativi, purtroppo sono arrivati solo dopo sedici anni di tentativi e richieste.
Questo ha comportato lo sfaldamento dei soci originari a cui si sono aggiunti altri con differenti motivazioni, creando situazioni complesse e anomale.
La mancanza di una chiara discussione sulla cooperazione, da sempre rimandata e di uno studio dei principi e dei valori, per le difficili condizioni ambientali e personali, di fatto hanno prodotto risvolti estremamente contrastanti.
Questa mancanza della cultura cooperativa, ha prodotto differenti realtà dipendenti dai diversi percorsi personali culturali e formativi.
Se posso fare dell’umorismo, dico che per noi il movimento cooperativo è stato un mito metropolitano.
C’è da rilevare (per quello che so io), che oltre alle tre principali cooperative finanziate, ve ne sono altre, dormienti.
Altre si sono perse per strada, e altre ancora potrebbero essere in costruzione, dimostrando, che un tentativo forte è stato compiuto “nel mistero cooperativo” dalla comunità platacese, per avviare un modello economico cooperativistico, se pur con i pochi mezzi a disposizione e senza nessuna formazione specifica.
Ciò non vuol dire che il movimento cooperativo non esiste o che non esistono i suoi valori o i suoi principi.
Diciamo solamente che per motivi curiosi di questi curiosissimi luoghi abbiamo dovuto sperimentare quasi da zero la cooperazione, con il risultato di essere arrivati, almeno io, personalmente, ma penso anche altre persone più mature, a condividere le stesse conclusioni, principi e valori, in cui si riconosce il mondo cooperativo dopo più di cento anni di progettazione, pratica e verifica.
Mi comprendono gli altri operatori della cooperazione, alcuni da me brevemente incontrati in toscana, mentre altri conosciuti soprattutto attraverso la rete globale internet, per le loro opere scritte, dense di significati, che manifestano genialmente lo spirito della cooperazione con semplice coerenza.
Per sdrammatizzare ulteriormente permettetemi un pò di poesia:
Fratelli e sorelle della cooperazione, poiché mi sono permesso di aggiungere e spostare ciò che o ritenuto opportuno a meglio chiarire e far comprendere, secondo il principio di responsabilità con cui condividiamo lo spirito della cooperazione nel rispetto del libero reciproco arbitrio, a voi un abbraccio in ogni tempo e ogni luogo.
A questo punto posso dire in umiltà, che il cuore della cooperazione è rappresentato dal principio di responsabilità, senza il quale non potrebbe esistere il principio mutualistico.
3) brevi note di carattere generale
Ricordiamo che in Italia, oltre alle tre importanti organizzazioni del movimento cooperativo:
Lega naz. Cooperative e Mutue, Confederazione Cooperative Italiane, Associazione Generale Cooperative Italiane, vi sono pure tutti i sindacati, e infine anche gli altri, che umilmente e discretamente compiono il loro dovere all’interno dello stato.
Tutti comprendiamo o intuiamo che, come lo Stato è un principio di civiltà e il Comune, come ci suggerisce lo stesso aggettivo, è di tutti. Così la cooperativa è un’associazione autonoma, un’ organizzazione volontaria e un impresa a proprietà comune (collettiva e sociale), controllata democraticamente, dove il socio è il nucleo originario di ogni forma di mutualità e rappresenta il primo riferimento concreto dell’azione cooperativa.
La cooperativa e aperte a tutte le persone in grado di utilizzare i servizi offerti e che ne accettano le responsabilità derivanti dall'appartenenza, senza discriminazioni sessuali, sociali, razziali, politiche o religiose.
Scegliendo la forma cooperativa ogni socio diventa al tempo stesso lavoratore e imprenditore, fonde doti di managerialità e mutualità, supera la distinzione tra titolare e dipendente, afferma la capacità di fare sistema insieme agli altri nel principio di responsabilità attraverso il quale è amministratore nel proprio ruolo con dignità pari ad ogni altro socio.
I soci cooperatori conferiscono nell’impresa comune il proprio lavoro e sono lavoratori in una impresa di cui sono essi stessi proprietari.
Questi lavoratori si evolvono come imprenditori di se stessi, capaci di decidere responsabilmente sulla gestione della propria impresa e sulla organizzazione e la remunerazione del proprio lavoro.
Lo scopo primario della cooperativa è quello di valorizzare la figura del socio e assicurargli lavoro o servizi alle migliori condizioni di mercato.
L’essere al contempo lavoratore e coimprenditore mette la cooperativa nelle condizioni più idonee per realizzare una piena democraticità nei confronti di tutti i componenti dell’impresa. Infatti l'impresa cooperativa di produzione e lavoro rappresenta la massima espressione imprenditoriale della partecipazione dei lavoratori alla gestione dell'impresa. Pertanto, una gestione delle risorse umane che valorizzi il ruolo dei lavoratori e che tenga conto delle loro esigenze (formazione, sicurezza etc.) è tra gli obiettivi stessi della cooperativa di lavoro.
La cooperativa è un’impresa in cui l’accumulazione del capitale è destinata ai reinvestimenti nell’azienda, è indivisibile, i soci sono i suoi gestori e il patrimonio costruito è affidato a nuove generazioni di soci che possono tutti paritariamente incidere sulle scelte dell’impresa.
Non si tratta esclusivamente di una semplice entità economica. L’aspetto economico-finanziario ha infatti la sua importanza, ma l’attività di una cooperativa va a toccare, in modo non marginale: la sfera sociale, quella economica e non ultima quella culturale.
La caratteristica delle cooperative è quindi rappresentata dal fatto che chi vi partecipa vuole conseguire una giusta e dignitosa economia, ottenere beni, servizi e occasioni di lavoro a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle praticate dal mercato, ma anche promuovere scopi mutualistici, ritenuti altrettanto importanti di quelli lucrativi e speculativi perseguiti con gli altri tipi di società.
Oggi diventa strumento efficace, capace da un lato a sopperire alle mancanze delle istituzioni ad assolvere al compito dello stato civile di produrre lavoro nel rispetto della dignità e bioetica di ognuno, e dall’altro a sviluppare la mutualità e a promuovere la realizzazione di una nuova idea imprenditoriale.
La cooperativa è una struttura aperta. Chiunque ne condivida i principi può chiedere di farne parte ed essa può accettare tale richiesta, purché sia in grado di soddisfare il bisogno di lavoro e di servizio.
Attraverso la cooperazione le proprie idee imprenditoriali, i progetti, il lavoro, si associa a quello di altre persone, interagisce, si arricchisce, mette a frutto le esperienze e le conoscenze di una organizzazione più complessa che in molti casi ha dimostrato la capacità di fare sistema.
Oggi la cooperazione è una realtà fondamentale per l'economia italiana e comprende sia grandi aziende leader nei settori della distribuzione, delle costruzioni, assicurativo/finanziario e agro-alimentare, che piccole imprese diffuse su tutto il territorio nazionale e operanti nei mercati più disparati : dalla pesca all'agricoltura, dal turismo all'editoria, dallo spettacolo ai servizi sociali e sanitari, dal terziario più avanzato al manifatturiero innovativo.
Mentre stiamo uscendo da un periodo storico in cui la cooperazione è stata prevalentemente vista come fenomeno associativo e magari assistito, per passare ad una fase in cui anche l’aspetto imprenditoriale si sta giustamente manifestando dopo essere stati duramente sfidati su questo versante, ribadiamo che in molte situazioni è stata data poca importanza in genere alle cooperative, come punto d’incontro tra la possibilità collettiva e il mantenimento della individualità che altrimenti rischia di essere perduto, oggi ci auguriamo che pure le incongruenze legislative vengano rimosse senza difficoltà particolari.
L’art. 45 della costituzione italiana dice:
L’art. 36 della costituzione italiana dice:
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sè e alla famiglia una esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.
4) brevi cenni storici
Nel 1844, in piena rivoluzione industriale, in Inghilterra 28 tessitori di Rochdale aprirono uno spaccio che doveva fornire generi alimentari alle loro famiglie, fissando in uno statuto una serie di principi, la maggior parte dei quali costituiscono, ancora oggi, il nucleo originario della cooperazione.
Tali principi erano:
· tutti, uomini e donne, erano liberi di entrare ed uscire dalla società;
· ciascuno partecipava più o meno in eguale misura alla responsabilità di finanziare le
attività;
La regola veramente innovatrice fu quella del ristorno (o dividendo sugli acquisti), ossia il particolare modo di riparto del guadagno per cui i consumatori partecipano all’utile in proporzione dei servizi o beni ottenuti dall’impresa, assegnando la prevalenza al fattore uomo sul fattore capitale.
Nel 1995, a Manchester, è stata approvata dal XXXI Congresso dell'Alleanza Cooperativa Internazionale, la dichiarazione di identità cooperativa con cui è stata riformulata la definizione di cooperativa, ne sono stati individuati i valori e ne sono stati rifissati i principi.
Una cooperativa è un'associazione autonoma di persone che si uniscono volontariamente per soddisfare i propri bisogni economici, sociali e culturali e le proprie aspirazioni attraverso la creazione di una società di proprietà comune e democraticamente controllata.
Valori
Le cooperative sono basate sui valori dell'autosufficienza (il fare da sè), dell'autoresoponsabilità, della democrazia, dell'uguaglianza, dell'equità e solidarietà. Secondo le tradizioni dei propri fondatori e fondatrici, i soci delle cooperative credono nei valori etici dell'onestà, della trasparenza, della responsabilità sociale e dell'attenzione verso gli altri.
Principi
I principi cooperativi sono linee guida con cui le cooperative mettono in pratica i propri valori.
1° Principio: Adesione libera e volontaria (porta aperta)- Le cooperative sono organizzate volontarie aperte a tutti gli individui capaci di usare i servizi offerti e volenterosi di accettare le responsabilità connesse all'adesione, senza alcuna discriminazione sessuale, sociale, razziale, politica o religiosa.
2° Principio: Controllo democratico da parte dei soci - Le cooperative sono organizzazioni democratiche, controllate dai propri soci che partecipano attivamente nello stabilire le politiche e nell'assumere le relative decisioni. Gli uomini e le donne eletti come rappresentanti sono responsabili nei confronti dei soci. Nelle cooperative di primo grado, i soci hanno gli stesso diritti di voto (una testa, un voto), e anche le cooperative di altro grado sono ugualmente organizzate in modo democratico.
3° Principio: Partecipazione economica dei soci - I soci contribuiscono equamente al capitale delle proprie cooperative e lo controllano democraticamente. Almeno una parte di questo capitale è di norma proprietà comune della cooperativa. I soci di norma, percepiscono un compenso limitato, se del caso, sul capitale sottoscritto come condizione per l'adesione. I soci allocano i surplus per qualunque dei seguenti scopi: sviluppo della cooperativa, possibilmente creando delle riserve, parte delle quali almeno dovrebbero essere indivisibili; benefici per i soci in proporzione alle loro transazioni con la cooperativa stessa (ristorno) e sostegno ad altre attività approvate dalla base sociale.
4° Principio: Autonomia ed indipendenza - Le cooperative sono organizzazioni autonome, autosufficienti controllate dai soci. Nel caso in cui esse sottoscrivano accordi con altre organizzazioni (incluso i governi) o ottengano capitale da fonti esterne, le cooperative sono tenute ad assicurare sempre il controllo democratico da parte dei soci e mantenere l'autonomia della cooperativa stessa.
5° Principio: Educazione, formazione ed informazione - Le cooperative si impegnano ad educare ed a formare i propri soci, i rappresentanti eletti, i managers e il personale, in modo che questi siano in grado di contribuire con efficienza allo sviluppo delle proprie società cooperative. Le cooperative devono attuare campagne di informazione allo scopo di sensibilizzare l'opinione pubblica, particolarmente i giovani e gli opinionisti di maggiore fama, sulla natura e i benefici della cooperazione.
6° Principio: Cooperazione tra cooperative - Le cooperative servono i propri soci nel modo più efficiente e rafforzano il movimento cooperativo lavorando insieme, attraverso le strutture locali e nazionali, regionali ed internazionali.
7° Principio: Interesse verso la comunità - Le cooperative lavorano per uno sviluppo sostenibile delle proprie comunità attraverso politiche approvate dai propri soci.
Lega Nazionale Cooperative I VALORI GUIDA approvati dalla Direzione Nazionale nella seduta del 14 luglio 1993.
CARTA E GLOSSARIO
I valori e i principi della cooperazione
1. Il socio è il nucleo originario di ogni forma di mutualità e rappresenta il primo riferimento concreto dell’azione cooperativa.
2. Le imprese1 cooperative svolgono il proprio ruolo economico a favore dei cooperatori2, delle generazioni future3, della comunità sociale.
Esse offrono ai propri partecipanti sicurezza, vantaggi e riconoscimenti in proporzione al concorso individuale d’ognuno.
3. La principale risorsa4 della cooperazione è rappresentata dagli individui5 che ne fanno parte.
Ogni cooperativa deve valorizzarne il lavoro6, stimolarne e riconoscerne la creatività7, la professionalità, la capacità di collaborare per il raggiungimento degli obiettivi comuni.
4. Il cooperatore si manifesta innanzitutto con il rispetto per le persone.
Al cooperatore si richiede franchezza8, spirito di giustizia9 e senso di responsabilità10, qualunque sia il suo ruolo o la sua posizione11.
5. Le imprese cooperative si manifestano con la qualità dei lavori che svolgono, la trasparenza12, l’onestà e la correttezza13 dei comportamenti.
6. La cooperazione considera il pluralismo14 sempre un bene.
Nei rapporti che intrattiene con le altre forze economiche, politiche e sociali essa rispetta la loro natura, opinione, cultura e agisce secondo la propria originalità, autonomia15, capacità di proposta.
7. L’esistenza della cooperazione, il suo segno distintivo, la sua regola sono fondate sul principio di solidarietà16.
Al fondo di ogni relazione o transazione tra soggetti economici esistono sempre i rapporti umani.
8. La cooperazione interpreta il mercato come un luogo di produzione di ricchezza, di rispetto della salute e dell’ambiente, di sviluppo dell’economia sociale.
Essa agisce nel mercato non solo in osservanza delle leggi, ma secondo i principi di giustizia e utilità per i propri soci e per la collettività.
9. La cooperazione concorre allo sviluppo del mercato17 migliorando le imprese esistenti e creandone di nuove; organizzando la domanda, rispondendo ai bisogni della collettività.
Con questi significati essa intende la promozione cooperativa18.
10. La cooperazione considera il diritto e il rischio19 di fare impresa come manifestazioni di libertà.
11. La cooperazione regola i rapporti interni sulla base del principio di democrazia20.
Le imprese cooperative realizzano compiutamente le proprie finalità associandosi nel movimento cooperativo, che promuove le relazioni tra di loro, che ne valorizza i patrimoni collettivi, garantendo le adeguate forme di controllo21.
12. La mutualità cooperativa, definita dai principi dell’Alleanza Cooperativa Internazionale, non è solo un modo di produrre e distribuire la ricchezza più adeguato agli interessi dei partecipanti, ma una concezione dei rapporti umani.
La cooperazione trova le proprie radici nel valore dell’imprenditorialità associata, ricerca il proprio sviluppo nel mercato, considera proprio fine il miglioramento delle condizioni materiali, morali e civili dell’uomo22.
NOTE
1. L’impresa.
L’impresa è il frutto della volontà, dei sacrifici e del lavoro del cooperatore, lo strumento principale per raggiungere i suoi fini.
L’impresa deve essere difesa e sviluppata nelle sue parti materiali e immateriali.
Non è sufficiente migliorare l’impresa nelle sue parti materiali e la responsabilità dei dirigenti cooperativi è il miglioramento continuo dell’impresa, nella sue parti materiali e immateriali.
Di ciò essi sono responsabili nei confronti dei soci di ieri, che hanno fondato l’impresa, nei confronti dei soci attuali, che trovano in essa il mezzo del proprio miglioramento materiale e morale, nei confronti dei cooperatori futuri, per i quali l’impresa si sviluppa e si migliora.
2. Cooperatore, Socio
Gli individui si associano in cooperativa per soddisfare - con il reciproco aiuto - i propri individuali bisogni.
Il cooperatore affida a questi comportamenti un significato più largo: agire assieme per il bene comune possiede un forte significato morale.
Per questa ragione non necessariamente un cooperatore è socio di una cooperativa: ma egli appartiene a questo mondo e agisce secondo i principi e per lo sviluppo della cooperazione.
3. Il rapporto tra le generazioni
La cooperazione vive nel tempo.
Le generazioni presenti tramandano a quelle future patrimoni materiali e immateriali.
Il solo trasferimento dei patrimoni materiali, sancito dal principio della indivisibilità dei patrimoni, non è sufficiente.
I patrimoni morali vanno trasmessi con l’educazione, l’esempio, la testimonianza della capacità imprenditoriale.
4. Risorse e patrimoni cooperativi
I patrimoni materiali accumulati nelle imprese sono la manifestazione delle capacità passate e presenti e il mezzo per sviluppare le capacità future.
La indivisibilità dei patrimoni cooperativi manifesta la loro natura strumentale, indirizzata a servire le funzioni umane.
Tra i patrimoni cooperativi il principale è rappresentato dai cooperatori stessi, con la loro esperienza e conoscenza e con la forza morale di cui dispongono.
L’accrescimento del patrimonio è dunque innanzitutto costituito dalla crescita dei cooperatori.
I cooperatori utilizzano le loro competenze ed esperienze all’interno del movimento cooperativo, conservandone la piena proprietà e hanno anzi il dovere di arricchirle e svilupparle.
La cooperazione non considererà le competenze e le esperienze dei cooperatori disgiunte da loro stessi.
Li considererà principalmente degli uomini e attraverso il rispetto e la tutela di questa loro individualità essa approda all’utilizzo delle loro competenze.
5. L’individualità
Non esiste alcun "interesse superiore o generale" che possa prevaricare l’esigenza del singolo di vedere promossa e riconosciuta la propria individualità.
Nell’interesse generale deve essere contenuto e visibile, almeno nel lungo periodo o nella prospettiva, l’interesse individuale.
Ciò avviene dando all’individuo la possibilità di concorrere alla definizione dell’interesse superiore o generale.
Dunque con la democrazia.
6. Il lavoro
I cooperatori concorrono con il proprio lavoro, con la propria disponibilità, con la propria attenzione verso la cooperativa, alla creazione della ricchezza comune.
Il lavoro del cooperatore - quando esso sia dipendente della cooperativa - deve essere sufficiente a remunerare se stesso, a garantire lo sviluppo dell’organizzazione, a realizzare le azioni di diffusione della cooperazione nello spazio e nel tempo.
Ma il lavoro del cooperatore è anche l’attività di diffusione, attuazione e rafforzamento dell’idea cooperativa.
Dunque, anche quando il patto mutualistico non sia fondato sul lavoro, come nel caso delle cooperative di utenza, sempre al fondo esiste l’idea dell’allargamento delle funzioni umane, della creazione di nuove utilità, di migliori relazioni tra gli uomini.
Sviluppare queste azioni è compito dei cooperatori; ed è lavoro cooperativo.
7. L’innovazione, la creatività
L’innovazione è sempre alla radice di ogni nuova ricchezza.
L’innovazione riguarda l’uso creativo dei patrimoni, siano essi materiali o immateriali.
I patrimoni immateriali sono connaturati all’uomo. Dunque l’innovazione è sempre anche innovazione umana e sociale.
Lo sviluppo della cooperazione è strettamente collegato al rinnovamento individuale e all’innovazione sociale.
8. La franchezza.
La franchezza è il dovere di critica. Essa è la manifestazione verbale del coraggio civile.
In questo senso deve essere considerata una virtù dei cooperatori.
9. La giustizia
La giustizia in generale è il rispetto delle leggi.
La giustizia dei cooperatori è un di più: essa prefigura gli effetti delle azioni che possono essere compiute e sceglie quelle più coerenti con l’idea di solidarietà.
10. La responsabilità
La responsabilità attiene al rapporto tra gli atti e i loro effetti.
Essa è prima di tutto d’ogni singolo cooperatore, in proporzione alla carica ricoperta o alla funzione.
Secondariamente essa attiene al gruppo e all’organizzazione in ragione dei mandati che il gruppo o l’organizzazione hanno ricevuto.
La responsabilità è il primo passo verso il progresso della persona umana, perché essa manifesta il diritto di poter fare.
La sempre maggior responsabilità degli individui, come prima manifestazione di libertà, è uno degli obiettivi principali della cooperazione.
11. Ruolo, funzione, posizione
La responsabilità dei cooperatori attiene prima di tutto al ruolo professionale che ricoprono, alla funzione amministrativa a cui sono chiamati, al lavoro che svolgono.
Essi tuttavia non dimenticano mai che questi ruoli e funzioni hanno come scopo principale lo sviluppo della cooperazione.
Il dirigente di una società di capitale del movimento cooperativo non ha minori responsabilità cooperative di un altro dirigente.
Non ne ha nemmeno in pari misura: ne ha di più perchè deve introdurre lo spirito cooperativo e della solidarietà in uno strumento non creato a questo fine.
12. La trasparenza
La produzione e la distribuzione della ricchezza, l’utilizzo dei patrimoni comuni, si devono realizzare in cooperativa nella massima chiarezza.
La riservatezza dell’imprenditore è necessaria, ma essa non può essere confusa con il segreto, soprattutto verso i soci.
I dirigenti che confondono la riservatezza con il segreto possono fare per breve tempo gli interessi dell’impresa, ma a lungo andare faranno sicuramente del male alla cooperativa.
La cooperazione è una organizzazione che non ha nulla da perdere o rischiare a essere trasparente.
Essa è una vera istituzione della trasparenza: si tratta di un grande punto di forza.
13. Struttura morale e sviluppo economico
Possedere una salda struttura morale, avere dei principi, volere il bene dei propri simili, sforzarsi per migliorare la società e le sue leggi non significa mettere i fatti dell’economia in secondo piano. Tutt’altro.
Una salda struttura morale è un vantaggio competitivo, perchè determina i capisaldi all’interno dei quali gli scambi si realizzano più agevolmente.
La possibilità di attrarre gli altri uomini con una visione sociale diviene un potente punto di forza, perché ogni volta che essi entreranno in relazione con noi, anche per una pura transazione commerciale, essi saranno toccati e toccheranno i nostri valori.
Anche in questo modo si realizza la diffusione della cooperazione, e la sua funzione sociale.
14. Il pluralismo
Il rispetto del pluralismo parte dall’assunto che le differenze tra gli uomini sono un fatto positivo, da cui derivano conseguenze altrettanto positive per tutti.
Nella nostra società il pluralismo esiste come un dato di fatto. Dobbiamo sforzarci di rappresentarlo, in modo da accrescerne il valore, che è valore di libertà.
Dare anima e principi al pluralismo significa soprattutto essere laici e democratici.
15. L’autonomia
L’autonomia cooperativa ha questo significato:
La cooperazione trova le radici delle sue azioni nei propri valori e nella propria capacità di interpretare i bisogni degli individui e della società.
Da ciò essa è in grado di disegnare un progetto che spieghi le sue ragioni e illustri le sue intenzioni.
L’autonomia equivale alla massimizzazione degli elementi distintivi di cui si dispone.
Più autonomi si è, più è possibile attrarre, più è possibile gestire in modo originale le proprie risorse.
L’autonomia e i caratteri distintivi sono risorse che è possibile mobilitare per richiamare altre risorse.
La gestione consapevole dell’autonomia è un circolo virtuoso.
16. La solidarietà
La solidarietà è un valore che si realizza tra individui.
Sono essi gli unici protagonisti, responsabili e beneficiari del principio della solidarietà, anche se per manifestarla si avvalgono di strumenti e organizzazioni, come le cooperative, le associazioni o altre forme di aggregazione.
Dunque il substrato della solidarietà imprenditoriale si richiama anch’esso a valori propriamente umani, congiunti al senso di appartenenza.
17. Il mercato e la competizione
La cooperazione concorre alla costruzione di un mercato ove gli elementi principali siano la capacità di produrre ricchezza, la qualità delle reciproche prestazioni, la limpida competizione, la chiarezza dei reciproci vantaggi, il rispetto di coloro che non sono direttamente coinvolti nelle transazioni.
Non esiste per la cooperazione un mercato di cui si possano accettare supinamente le regole: nei mercati partecipati dalla cooperazione deve riflettersi il suo sforzo di giudicarne e migliorarne le regole.
18. La promozione cooperativa
La promozione nasce dalla volontà di condividere con gli altri i vantaggi della cooperazione.
La cooperazione ha tra i suoi scopi quello di diffondersi, per fornire ad altri uomini gli strumenti per potere vivere meglio.
La promozione significa sviluppare le cooperative esistenti e rendere possibile la costituzione di nuove cooperative, aumentando il pluralismo del mercato.
19. Il rischio
Ogni azione innovativa comporta incertezza e rischio.
Lo sviluppo della democrazia e della partecipazione alle decisioni comporta una diffusione del rischio e della responsabilità.
L’assunzione della responsabilità di rischiare cresce di pari passo con la possibilità di contare.
20. La democrazia cooperativa e la democrazia economica
Il cittadino decide. Il cittadino cooperatore decide nella propria impresa, nel proprio ambito economico e sociale, nella propria città.
Il cooperatore non si manifesta solo con il proprio voto all’interno della cooperativa. Il significato e l’effetto di quel voto si prolunga dalla cooperativa alla cooperazione e da essa alle società.
La democrazia cooperativa è una democrazia rappresentativa. Dunque si avvale del buon uso dei meccanismi della rappresentanza.
Tra questi meccanismi, i principali sono il conferimento e la revoca della fiducia del consenso.
Gli strumenti principali della democrazia sono le costituzioni: gli statuti, le regole, le forme del controllo.
Non esiste democrazia cooperativa se le sue istituzioni non sono costruite, adattate, rinnovate, nutrite con il concorso diretto dei cooperatori.
Non è la singola decisione il luogo dove si misura la democrazia.
Il modo migliore per rinnovare la democrazia è nel ridurre al minimo ciò che è tacito e nel non considerare sempre e comunque la continuità come un valore positivo.
La democrazia è l’ambiente naturale ove si sviluppa il principio di responsabilità: quest’ultima infatti richiede il giudizio di coloro che godono o soffrono gli effetti delle scelte a cui la stessa responsabilità afferisce.
21. Il controllo
Il controllo è innanzitutto una rassicurazione: ogni cooperativa non è sola. Tutte le altre assieme sono pronte ad aiutarla, indirizzarla, correggerla.
La radice del controllo non è nel potere, ma nella fiducia (nel consenso).
Ogni meccanismo di controllo non è efficace se prima d’ogni altra cosa non esiste la disponibilità a condividere le sorti della propria cooperativa con quelle di tutte le altre.
Gli strumenti del controllo sono il simbolo della solidarietà cooperativa.
22. L’educazione
L’educazione cooperativa ha la necessità di essere progettata e realizzata, ma innanzitutto essa si fornisce con l’esempio.
Sancire il principio dell’educazione comporta la necessità di dare testimonianza.
22 bis. La tradizione
La trasmissione della tradizione e il suo aggiornamento sono compiti principali per i dirigenti cooperativi.
Senza coscienza storica e senza conoscenza di sé non v’è coscienza critica.
Una organizzazione che non cura la trasmissione della propria tradizione non è preoccupata della propria sopravvivenza.
Una organizzazione che non cura la trasmissione della propria tradizione non esiste.
22 ter. Appartenenza
L’appartenenza non può essere semplicemente richiesta o tantomeno pretesa, dato che essa è la manifestazione di un sentimento.
Questo sentimento è stimolato dal valore della tradizione, dall’esempio, dalla capacità dell’insieme di farsi carico dei bisogni e della volontà del singolo; dalla disponibilità ad ascoltare le sue parole, a interpretare i suoi pensieri a riconoscere il valore delle sue azioni.
L’appartenenza è il risultato degli scambi tra il collettivo e l’individuo: più l’organizzazione rappresenta materialmente i valori cooperativi più l’appartenenza si sviluppa.
22 quater. Patto parasociale
I codici cooperativi sono come i patti parasociali di una società di capitale: non riguardano il rapporto tra l’organizzazione e gli individui, ma il rapporto degli individui tra di loro.
5) il principio di responsabilità
Nei valori della cooperazione, Tra le note troviamo :
Punto 10. La responsabilità
La responsabilità è il primo passo verso il progresso della persona umana, perché essa manifesta
il diritto di poter fare e quindi la libertà di azione.
La sempre maggior responsabilità degli individui, come prima manifestazione di libertà, è uno degli obiettivi principali della cooperazione
Punto 20. La democrazia cooperativa e la democrazia economica
La democrazia è l’ambiente naturale ove si sviluppa il principio di responsabilità: quest’ultima infatti richiede il giudizio di coloro che godono o soffrono gli effetti delle scelte a cui la stessa responsabilità afferisce.
Punto 19. Il rischio
L’assunzione della responsabilità di rischiare cresce di pari passo con la possibilità di contare.
Punto12. La trasparenza
La produzione e la distribuzione della ricchezza, l’utilizzo dei patrimoni comuni, si devono realizzare in cooperativa nella massima chiarezza.
La riservatezza dell’imprenditore è necessaria, ma essa non può essere confusa con il segreto, soprattutto verso i soci.
I dirigenti che confondono la riservatezza con il segreto possono fare per breve tempo gli interessi dell’impresa, ma a lungo andare faranno sicuramente del male alla cooperativa.
La cooperazione è una organizzazione che non ha nulla da perdere o rischiare a essere trasparente.
Essa è una vera istituzione della trasparenza: si tratta di un grande punto di forza.
Punto12. il controllo
Il controllo è innanzitutto una rassicurazione: ogni cooperativa non è sola. Tutte le altre assieme sono pronte ad aiutarla, indirizzarla, correggerla.
Di fatto una cooperativa è sola, finché non è in contatto con le altre. Ho dovuto aggiungere questa annotazione, poiché capita anche, che le cooperative siano sole ( chiediamoci perché? )
Quando capita questo caso penso che l’unica cosa che può rassicurarla, aiutarla, indirizzarla, correggerla è la effettiva detenzione di ognuno dei soci del principio di responsabilità.
Cercherò di spiegarmi ulteriormente spingendomi e ribadendo alcuni concetti importanti:
a) il patrimonio della cooperativa è materiale e immateriale;
b) il patrimonio della cooperativa è di tutti i soci, fondatori, temporanei e presenti;
c) il patrimonio della cooperativa e stato costruito con il lavoro di tutti i soci;
d) anche il lavoro del più modesto o del migliore dei soci può essere più importante;
e) il peso di ogni socio e quindi la responsabilità è uguale a quelle degli altri al di sopra delle cariche e delle quote;
f) si può dire che anche il più debole e l’ultimo dei soci ha gli stessi (diritti “almeno”) e doveri;
Mi permetto a questo punto di fare un ipotesi limite :
Cosa succederebbe se venisse leso il principio di responsabilità di un singolo socio, di conseguenza il diritto di poter fare e quindi la libertà di azione ? (i modi per fare questo sono tanti, le persone con un minimo di esperienza capiscono bene, non a caso negli ultimi concetti della legislazione troviamo anche la parola mobing)
A questo punto che valore avrebbe una maggioranza taciturna o connivente ?
Cosa potrebbe succedere nella società cooperativa ?
L’unica risposta valida che mi viene in mente e:
tra il sopruso e la giustizia rimangono in mezzo solo le buone regole.
Quindi : la democrazia, il pluralismo e i valori e principi cooperativi.
Chi minimizza questi concetti sta di fatto danneggiando tutto lo spirito della cooperazione.
Potremmo dire nel caso limite che:
L’applicazione dei valori e dei principi cooperativi è l’unica cosa che può difendere la cooperativa e anche l’ultimo e il più debole dei soci a volte dagli altri stessi soci immaturi e poco educati alla democrazia cooperativa.
Da quì l’importanza della conoscenza ed assimilazione approfondita di dei principi e valori della cooperazione e della loro applicazione pratica e coerente e dei controlli sulle cooperative.
Aggiungiamo che:
la distinzione principale con gli altri sistemi d’impresa che utilizzano i propri subordinati o dipendenti solo per svolgere determinati compiti con libertà d’azione limitata e la società cooperativa risiede nel riconoscimento imprenditoriale che essa assegna ad ogni socio, a cui attribuisce il principio di responsabilità, promuovendolo e aiutandolo a realizzare compiutamente nel proprio ruolo manageriale.
In questo ambito i cooperatori trovano un modello ottimale per esprimere la propria personalità nella democrazia, applicando la sovranità nella società, che appartiene ad ogni singolo socio, che la esercita nelle forme e nei limiti dello Statuto, delle norme vigenti in materia e nel rispetto del libero reciproco arbitrio (secondo verità, giustizia, libertà, diritto, dovere).
La forma cooperativa così consolidata, riconosce e tutela il diritto di poter fare di ogni singolo socio in coerenza dei valori e dei principi, lo difende e da questo a sua volta viene difesa.
Si stabilisce un patto di reciproco rispetto che si nutre di democrazia all’interno della cooperativa, l’unica cosa che può difendere la democrazia stessa.
La centralità della persona, vissuta come fine e non come una componente dei processi produttivi, ha dato la possibilità a molte realtà locali e nazionali di esprimere una cultura manageriale e un'organizzazione economica specifica.
La "partecipazione democratica" in cooperativa è sicuramente una palestra, un esercizio stimolante per raggiungere un vantaggio competitivo sia nei modelli di gestione che nei processi aziendali finalizzati al prodotto/servizio erogato. A tal proposito la formazione permanente dei soci diviene parte essenziale nell'investimento della cooperativa.
Aggiungo anche che nella cooperativa trova il giusto spazio anche l’espressione (di modello democratico) apprezzata da DeGasperi, secondo la quale anche le proposte delle minoranze vanno sostenute e promosse.
Mio malgrado, in mancanza di cultura della cooperazione, ho dovuto verificare che la mancanza degli organi di controllo come il collegio sindacale e il collegio dei probiviri, costituisce una ragione maggiore per difendere l’uguaglianza dei soci, il principio di responsabilità e la democrazia cooperativa.
Osservazioni agli organi di rappresentanza del mondo della cooperazione
a) Noi siamo coerenti ? riconosciamo importanti i valori, i principi, le note sulla cooperazione ?
Allora diciamo chiaramente a tutte le cooperative e a tutti quelli che si accingono a fare cooperativa, che nei loro statuti è bene inserire integralmente tutti i concetti sui principi e sui valori cooperativi, nonché le note.
Piccolissima nota :
Errare è umano, perseverare nell’errore e diabolico, prevenire è divino.
Evitiamo agli immaturi e sprovveduti di danneggiare se stessi e gli altri.
Anche questa è buona promozione cooperativa.
b) In generale ritengo sia negativo far pagare tasse a rendite non attive.
Mettere una tassa fissa come l’ici a chi possiede una modesta casa priva di rendita non mi sembra una cosa corretta.
In genere dovremmo attribuire importanza al concetto di plusvalore nelle giuste situazioni, o quando in possesso di più appartamenti, tassare per incentivare a vendere e per non immobilizzare i capitali è utile a muovere l’economia.
Ritengo un abuso far pagare le tasse di qualsiasi natura e genere ai disoccupati, per una presunta spazzatura applicata ai metri quadrati comparandoli egualmente alle attività produttive, a meno che non vogliamo che paghino con la vendita degli infissi.
Art. 53 della costituzione. Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.
Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.
Ho aggiunto queste note per sottolineare che sono soggetti a pagamenti di vario genere anche le nuove cooperative e quelle che ancora non anno un bilancio positivo.
In queste condizioni mi risulta difficile comprendere una legislazione artificiosa sulla gestione economica delle società quanto non si basa su parametri coerenti. Allo steso modo non comprendo le motivazioni di una legislazione che sancisce il pagamento fisso dell’ispettorato del lavoro, in mancanza di reddito e di lavoro, a meno che non si vuole che le società si chiudano.
c) Suppongo che in genere quando si legifera viene presa in considerazione la letteratura sulla
giurisprudenza, si chiede il conforto ai legislatori preparati, agli specialisti e a chi il settore lo vive
Auguriamoci che questa pratica migliori ulteriormente, visto l’artificiosa (a mio avviso) confusione
legislativa.
Dai principi e dai valori su esposti si ricava che:
nelle cooperative il potere decisionale e puramente orizzontale, che significa di tutti i soci.
Mi è parso di capire che una tendenza di una parte della politica recente, nella normativa societaria mette in risalto il potere decisionale piramidale, spostando il potere delle assemblee agli amministratori.
Questo atteggiamento (a mio avviso pericoloso per lo spirito cooperativo e per i motivi su esposti) legislativo dimostra di fatto il desiderio di praticare una politica che discrimina il valore della democrazia cooperativa, ritenendo vantaggiose solo le decisioni veloci e di pochi, mentre una decisione presa a larga maggioranza e più ragionata, rappresenterebbe un rallentamento produttivo o un valore negativo.
Se così fosse, mi chiedo perché gli istituti previdenziali e anche le fondazioni di origine bancaria in controtendenza con tali atteggiamenti, sono molto cauti e danno precise indicazioni, dicendo che l’adozione del principio di valutazione in base all’insieme organico di principi prudenziali rappresenta un formidabile incentivo ad una gestione più efficiente e dunque produce migliori risultati nell’orizzonte temporale di lungo periodo, anche se può deprimere i risultati di breve periodo.
In questo contesto tra gli obiettivi prioritari troviamo:
conservare nel lungo periodo il patrimonio, per stabilizzarne anche la funzione di erogazione;
ottenere un rendimento sul patrimonio che sia adeguato per finanziare il flusso programmato dell’erogazione e soprattutto per sostenere la realizzazione di progetti pluriennali di intervento. La strategia di investimento finanziario deve perciò mirare alla massimizzazione dei redditi di lungo periodo, sotto i vincoli stringenti di evitare sia oscillazioni troppo violente nei rendimenti di breve periodo che un’esposizione eccessiva al rischio di perdite (anche temporanee).
Deve esserci coerenza tra modalità e regole di gestione, organizzazione e governance, modelli e controllo del rischio.
Quanto più le modalità e le regole di gestione del patrimonio sono sofisticate, tanto più è necessario acquisire elevate competenze e robuste tecnologie di controllo del rischio.
E quindi non capisco che finalità si propone un simile atteggiamento nei confronti di una particolare realtà com’è quella della cooperazione con dichiarati fini mutualistici e trasparenti regole democratiche, regolarmente riconosciuti dalla costituzione.
Per capire l’importanza della cooperazione, è utile inquadrarla nel contesto ampio delle politiche dello stato.
A tale scopo voglio citare alcune spiegazioni che ci offrono le organizzazioni sindacali e gli studiosi femminili e maschili, che condividono con noi il piacere di usare la ragione nella diffusione della cultura.
Con queste citazioni non intendo dire che l’argomento sia stato esaurito, solamente discretamente affrontato con l’augurio che altri ancora diano un ulteriore contributo.
6) Il Welfare
Welfare è una parola inglese che vuol dire benessere. Oggi, a livello internazionale, per welfare si intende l’insieme delle politiche di protezione sociale. Storicamente il welfare ha caratterizzato, a partire dalla metà del ’900, l’esperienza delle democrazie europee, favorendo libertà, equità e uguaglianza dei diritti.
Se ci pensi bene, in una società matura e responsabile, benessere e protezione sono due valori che devono viaggiare insieme. Il benessere va ampiamente condiviso fra tutti, deve essere duraturo e trasmissibile alle future generazioni.
In Italia, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è detto anche Ministero del Welfare. Se può dispiacere l’uso di una parola straniera, d’altra parte bisogna riconoscere l’efficacia di un termine che riassume tre aree di intervento: lavoro, previdenza, politiche della salute e sociali. La società è un sistema di vasi comunicanti. Quando si affrontano i problemi del lavoro, non si può ignorare ciò che succede nelle famiglie. Se interveniamo nelle fabbriche, dobbiamo sapere cosa succede nelle scuole, dobbiamo occuparci degli esclusi, degli ammalati o di chi sta entrando solo ora nel nostro orizzonte sociale. È un dovere di solidarietà e di civiltà quello che spinge il sindacato a occuparsi in modo attivo e con rinnovato vigore di come tradurre le enunciazioni di principio in misure concrete, con l’obiettivo di garantire a tutti una maggiore giustizia sociale. Ancora più necessaria in un periodo in cui aumentano l’incertezza del lavoro e del reddito, mentre in parallelo crescono i bisogni.
Il corrispondente italiano dell'espressione inglese Welfare state è Stato sociale. Esso allude al carattere che gli Stati democratici hanno progressivamente assunto a partire dagli ultimi decenni del XIX secolo e consiste sia nel riconoscimento del diritto di ogni cittadino a un livello di reddito minimo garantito, alla salute, all'istruzione, all'abitazione, sia in un attivo interventismo economico, atto a sostenere una crescita altrimenti impossibile. Strumenti privilegiati del welfare state sono la politica fiscale, con la quale procedere a una ridistribuzione del reddito, e la politica della spesa, secondo linee che sono state teorizzate negli anni Trenta dell'economista J.M. Keynes.
In senso proprio, il W.S. matura solo nel secondo dopoguerra; qualcuno fissa la sua data di nascita ufficiale nel 1942 quando il Parlamento inglese approvò il piano Beveridge, dal nome dell'economista e politico che lo propose: si trattava di una serie di misure che predisponevano un servizio sanitario nazionale gratuito e un sistema pensionistico.
Welfare non vuol dire "assistenzialismo"; esso è stato ed è molto di più. E' un modo nuovo di impostare i rapporti tra Stato e società, è l'insieme delle politiche economiche che hanno posto fine al laissez faire, è lo stato democratico contemporaneo, continuazione e superamento a un tempo dell'ottocentesco Stato liberale.
Nell'Ottocento tra lo Stato (liberale) e la società esisteva una linea di separazione: lo Stato, non interventista, non doveva superarla, anzi, esisteva proprio per garantire l'autonomia della società civile. Questa situazione non poté essere sostenuta a causa di tutta una serie di ragioni e di spinte.
L'allargamento del suffragio e la formazione dei partiti politici rimodellò i processi di decisione politica; parlamenti e governi furono costretti ad affrontare i problemi sociali.
A parte alcuni precedenti, come, per esempio, alcune leggi protettive del lavoro femminile e minorile, è solamente a partire dagli anni Ottanta dell'Ottocento che una legislazione sociale si afferma con criteri nuovi. Il caso più noto è quello della legislazione bismarckiana del periodo 1883-1889, relativa all'assicurazione contro le malattie, gli infortuni sul lavoro, pensionistica (invalidità e vecchiaia). Le sue caratteristiche, veri elementi di rottura, sono date dall'obbligatorietà dell'assicurazione e dalla sua universalità.
Questa linea di intervento sarà seguita, tra gli ultimi anni dell'Ottocento e i primi del Novecento, da Austria, Danimarca, Svezia, Regno Unito e Norvegia. Dopo la prima guerra mondiale il sistema assicurativo diventerà pressocché generale.
7) Il terzo settore
Il terzo settore è l'insieme degli enti e organizzazioni che non hanno fine di lucro, hanno cioè il divieto di distribuire utili ai soci, come fondazioni, associazioni di volontariato, cooperative sociali.
( gli altri due sono lo Stato e il mercato ).
Per le loro finalità le organizzazioni del terzo settore godono di un regime fiscale di favore.
Le aziende del terzo settore occupano circa 700.000 persone (il 3,1% del totale degli occupati) di cui 400mila dipendenti e 300mila volontari a tempo pieno.
Il terzo settore appare particolarmente importante per i giovani, che oggi appaiono svantaggiati sul mercato del lavoro.
Le principali professionalità richieste nel settore non profit possono essere raggruppate in quattro aree principali:
• Area socio-assistenziale e di educazione-formazione come insegnanti, assistenti di base, educatori e animatori, psicologi e assistenti sociali.
Sono le figure più richieste con circa un quarto dei lavoratori remunerati
• Area socio-sanitaria In questo caso le professionalità richieste sono infermieri, fisioterapisti, operatori sanitari
• Area cultura, legata alla gestione ed erogazione dei servizi di tipo culturale. Tra i professionisti più occupati troviamo i musicisti, i pittori e gli attori.
• Area amministrativa e gestionale, le professionalità richieste sono manager, ragionieri, commercialisti e impiegati.
Da un punto di vista fiscale le organizzazioni del terzo settore sono definite ONLUS, cioè 'Organizzazione non lucrativa di utilità sociale'.
Onlus possono essere:
• Organizzazioni di volontariato, costituite da soci volontari che prestano gratuitamente il loro servizio. L'Utenza è assistita gratuitamente. Può accedere a trattamenti fiscali semplificati.
La disciplina è contenuta nella legge 11 agosto 1991 n.266 'legge quadro sul volontariato'.
• Organismi non profit, costituiti sul modello delle imprese. I soci e i prestatori d'opera sono retribuiti. L'utenza paga il servizio direttamente o indirettamente tramite convenzioni con enti pubblici.
Accede a trattamenti fiscali agevolati come riduzione Iva, aliquote ridotte sui proventi commerciali. Non persegue profitto, ovvero non ha utile di impresa a fine anno. Il non-profit non è volontariato.
• Cooperative sociali, associazioni di persone che si riuniscono per il soddisfacimento di un bisogno comune, con la caratteristica della mutualità e dell'assenza di finalità speculative. Le cooperative sociali gestiscono servizi socio-sanitari ed educativi (tipo A) o attività finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate (tipo B).
Le cooperative sociali hanno normalmente convenzioni con le pubbliche amministrazioni, al fine di svolgere compiti socio-sanitari -educativi (assistenza domiciliare a anziani o minori) o compiti di reinserimento lavorativo per le fasce deboli (immigrati, tossicodipendenti, disabili).
La disciplina è contenuta nella legge 8 novembre 1991 n.381 sulle 'cooperative sociali'
Le organizzazioni non governative (ONG) sono associazioni tra privati che, attraverso un legame transnazionale fra enti di nazionalità diversa, perseguono un fine di interesse generale (umanitario, sociale, politico, religioso).
I valori.
L'ispirazione comune degli statuti, delle carte dei principi e dei progetti dei singoli raggruppamenti fa riferimento a valori di solidarietà e giustizia condivisi:
Tratto da: Carta dei principi COCIS; Carta delle ONG sviluppo - Principi base delle ONG di Sviluppo e di Aiuto Umanitario dell'Unione Europea.
Il presente.
Il sapere peculiare e la progettualità nella pratica della lotta alla povertà e all'esclusione non sono più limitati al Nord del mondo, grazie alla comparsa di ONG anche nei paesi in via di sviluppo. In questo modo mirando ad istituire sinergie tra soggetti diversi si amplificano la riflessione e la consapevolezza dei problemi planetari e delle possibili soluzioni.
Testimone del passaggio da un azione spontanea e specifica ad una visione collaborativa e d'insieme, è la costituzione dell'Associazione delle ONG italiane
Volontariato: le tre aree di intervento sociale.
Il ruolo di anticipazione, di integrazione e stimolo nella società pone queste organizzazioni sul terreno sociale come incentivi alla partecipazione popolare intorno a problemi concreti che si possono suddividere in tre grandi aree:
Il servizio alle persone:
Il volontariato interviene nell'assistenza agli anziani, ai malati in ospedale, ai carcerati ed ex-carcerati e alle loro farmiglie; in sostegno agli handicappati, ai dimessi dagli ospedali psichiatrici, ai tossicodipendenti, ai malati di Aids, ai minori, per il loro inserimento sociale, lavorativo e famigliare; fornisce accoglienza e appoggio ai senza fissa dimora e alle persone in diflicoltà; è presente nel trasporto dei malati, nei servizi a domicilio, di pronto soccorso, di donazione del sangue e di organi, nei servizi specializzati di alcune malattie, di dialisi, nei consultori famigliari...
L'ambiente e la cultura:
Il volontariato si occupa di tutela dell'ambiente e dei beni culturali e dell'erogazione di servizi socioculturali. Dalla lotta all'inquinamento, alla pulizia delle spiagge e delle sponde dei fiumi; dal riordino di aree pubbliche, di zone "sotto casa", alla realizzazione di piccole e grandi trasformazioni dell'ambiente urbano; dalla gestione e apertura di monumenti, di nuovi parchi, agli incendi boschivi e alla prevenzione, alla protezione civile e all'immediato soccorso in caso di calamità; dalla difesa e recupero del patrirnonio archeologico, di folclore e tradizioni locali, alla tutela di beni culturali e architettonici e poi ancora alla difesa e protezione di animali, alla lotta contro l'estinzione di alcune specie, ecc. Il volontariato culturale è un crogiuolo di idee che cercano di esprimersi e di realizzarsi attraverso le attività più varie, con iniziative attente a coinvolgere fasce solitamente escluse da tali possibilità. Accanto quindi alla tutela e alla valorizzazione dei cosiddetti "beni culturali", si svolgono ad esempio manifestazioni diverse in ambito artistico: concerti, cinema, mostre, spettacoli, con l'utilizzazione di molteplici linguaggi, dal fumetto alla fotografia; con l'ideale dell'educazione permanente, promuove iniziative nel campo della scuola popolare e corsi di ogni arte e scienza per ogni età; anima biblioteche e centri culturali, promuove gite e soggiorni in luoghi d'interesse, suscita dibattiti e incontri.
L'educazione alla mondialità:
Il volontariato è presente nei paesi del Terzo Mondo con progetti di partecipazione e di appoggio all'autopromozione degli abitanti; finanzia spesso microprogetti in paesi in via di sviluppo concordati con le realtà locali, offrendo risorse umane e materiali, per favorire forme di autogoverno locale, oppure fornire aiuti di emergenza e di prirna necessità, forme di sostegno e di solidarietà agli abitanti di altri paesi immigrati in Italia, appoggio a profughi e nomadi; aiuti ai paesi dove sono in corso guerre con l'obiettivo di sviluppare una cultura di pace e dei diritti umani. Diffonde l'adozione a distanza di bambini o ragazzi di paesi in via di sviluppo o in guerra, che consiste in un impegno economico per alcuni anni nei confronti di giovani con una famiglia che non è in grado di mantenerli, per renderli domani degli adulti indipendenti capaci di aiutare se stessi e il loro paese.
8) Attività terziarie
Secondo il modello dei paesi a economia avanzata, anche in Italia il settore terziario è quello che presenta la più alta percentuale di occupati (63% della popolazione attiva nel 2001) e che fornisce la maggiore quota di reddito nazionale (68,7% del PIL). È altresì di gran lunga il settore produttivo più eterogeneo, fornendo in pratica tutto ciò che non deriva né
dall'agricoltura, dall'allevamento e da altre attività primarie, né
dall'attività di trasformazione propria dell'industria, cioè da attività secondarie.
Da ciò appunto la definizione di attività terziarie, o attività di servizi.
Nelle società avanzate i servizi offerti, pubblici e privati, sono numerosissimi: da tutti quelli che rientrano nell'ambito della pubblica amministrazione al commercio, dal turismo ai trasporti e alle vie di comunicazione, dalle attività bancarie e finanziarie alle consulenze e alle ricerche scientifiche di ogni genere. Queste ultime attività sono sempre più spesso definite come terziario avanzato.
Da regione a regione varia ampiamente la percentuale di addetti alle attività terziarie. In linea di massima la percentuale è inferiore alla media nelle regioni con elevato tasso di industrializzazione (in Lombardia, Piemonte e Veneto è attorno al 50%), mentre è più elevata nelle regioni ad amministrazione straordinaria, regioni cioè che dispongono di particolare autonomia e quindi hanno in vari ambiti un proprio "governo" locale. Si riscontrano tuttavia anche altre regioni con valori superiori alla media: ad esempio
Pubblica amministrazione
In Italia lo stato è un datore di lavoro molto importante, con più di 3,5 milioni di dipendenti, impiegati nei ministeri e nelle altre amministrazioni locali, nelle scuole (per quasi un terzo), nella sanità, nelle poste, nelle ferrovie, nei corpi di polizia e dei carabinieri, nell'esercito, nella magistratura ecc. Secondo gli economisti, in certi settori il numero di addetti è superiore alle necessità del paese e in vari casi il costo complessivo non corrisponde alla qualità dei servizi prestati.
In effetti il problema delle riforme da attuare nella pubblica amministrazione, per aumentarne la produttività e ridurne i costi, introducendo nuovi caratteri di imprenditorialità e di efficienza nella gestione pubblica, così come il trasferimento parziale o totale di numerosi servizi pubblici alle aziende private e il rafforzamento dei principi di autonomia degli enti locali, mediante il passaggio di molteplici competenze dallo stato centrale alle amministrazioni locali (regionali, provinciali e comunali), sono da tempo tra gli obiettivi prioritari che si sono posti governo e Parlamento.
L'ampliamento di alcuni servizi pubblici, come l'istruzione e la sanità, secondo l'ideologia del Welfare State, fu molto marcato nel corso degli anni Sessanta-Settanta, quando si ebbe l'estensione della durata della scuola dell'obbligo, l'assistenza sanitaria gratuita o semigratuita alla quasi totalità della popolazione ecc.; fu un ampliamento necessario per portare l'Italia ai livelli raggiunti dagli altri paesi della Comunità Europea. Tuttavia accanto a questi interventi, che determinarono ovviamente un forte aumento del numero degli addetti, si introdussero nell'ambito della pubblica amministrazione fattori fortemente negativi.
In molte regioni, soprattutto nel Sud, l'assunzione di personale nel pubblico impiego fu assolutamente superiore alle reali necessità; divenne una forma di assistenza, costosissima per lo stato, proponendosi come un “ammortizzatore sociale” per controbilanciare la mancanza di reali interventi nei settori produttivi e, là dove si erano avuti, il fallimento dei grandi programmi di industrializzazione. Ebbero dunque la sola funzione di assorbire una parte della popolazione disoccupata, alleviando la piaga dell'emigrazione.
Il Lazio è la regione che registra in assoluto la più elevata percentuale di addetti, sia nel complesso delle attività terziarie (circa il 73%), sia specificamente nella pubblica amministrazione (21,5%); questo enorme sviluppo del terziario trova una certa motivazione nella presenza della capitale, nella quale si concentrano la maggior parte dei ministeri e le direzioni dei principali enti pubblici. Roma è altresì una città di quasi 3 milioni di abitanti, la massima metropoli del paese. Per contro, le regioni del Nord più altamente industrializzate sono quelle con minore percentuale di pubblici dipendenti:
9) Politica nazionale e mercato globale
Mi siano concesse alcune premesse provocatorie:
Molti imprenditori, sembra stiano decidendo di spostare pezzi importanti di economia, motivati dal fatto che l’allargamento delle aziende in un mercato più vasto dovrebbe produrre maggiori vantaggi.
In linea di principio non penso ci sia niente di anomalo nel condividere le proprie risorse, ma se questo viene fatto spogliando l’economia interna da tecnologie ed economia prodotta con le risorse umane del paese, senza dubbio potrebbe rivelarsi negativo per la comunità.
Se a questo si aggiunge lo spostamento nei mercati deboli dei paesi dell’est e del terzo mondo, senza tenere conto di necessarie strutture antinquinamento e utilizzando le popolazioni locali con retribuzioni sottosinadacali, si rischia di produrre danni anche agli altri.
Particolare è il nel caso delle ultime notizie, in cui l’enel, l’ente nazionale per l’energia, invece di investire sulle energie ecologiche ed alternative, riprende soluzioni attualmente fortemente inquinanti, e a monte di un referendum che in Italia ha sancito la chiara volontà di questo popolo ad optare per le energie alternative al nucleare: questo viene proposto in altri paesi.
L’incoerenza si sta manifestando ampiamente, anche di fronte a tentativi di regolare il mercato in un contesto di globalizzazione che richiede serietà e in cui può risultare estremamente dannoso mischiare interessi egoistici a interessi civili e sovranazionali.
Aggiungo che, sebbene vi siano concetti e sistemi che possono migliorare lo scambio internazionale, tra azioni di dubbio valore e il mercato in evoluzione c’è sicuramente della strada da percorrere e comprendere, che richiede serietà e impegno.
Senza nulla togliere agli “studi seri in economia” e solo per informarmi cito uno dei modi in cui ci viene proposta l’internazionalizzazione, raccolto da un articolo in internet.
In termini pratici vi sono due tipologie di internazionalizzazione:
internazionalizzazione interna:
l'azienda è coinvolta in transazioni internazionali senza ricercare il presidio di mercati esteri, anzi consolidando la propria presenza all'interno dei confini nazionali, ad esempio attraverso:
internazionalizzazione esterna:
l'azienda affronta il contesto internazionale attraverso:
in diverse parti e situazioni ci viene detto perché internazionalizzarsi:
16 buone ragioni per internazionalizzarsi - per verificare se vi è qualche buon motivo per internazionalizzare un impresa!
1. il mercato domestico è saturo o ha un basso potenziale di crescita
2. concorrenti esteri minacciano la quota di mercato nazionale
3. precedi i concorrenti su nuovi mercati
4. rispondi a concorrenti su nuovi mercati
5. segui i tuoi clienti sui mercati internazionali
6. ottieni profitti incrementali
7. diversifica la tua clientela
8. aumenta la copertura territoriale per allungare il ciclo di vita dei tuoi prodotti e limitare ulteriori variazioni di gamma
9. accedi a risorse a costi inferiori
10. accedi a nuove tecnologie e pratiche di management
11. riduci i cicli stagionali
12. sfrutta i cicli economici
13. sfrutta programmi e aiuti governativi
14. acquista prestigio e migliora l'immagine aziendale
15. accresci il valore dell'impresa
16. divertiti!
L'idea di internazionalizzazione
Dopo una breve analisi delle ragioni per internazionalizzarsi, è necessario che l'imprenditore o il manager si confronti con una questione fondamentale:
quali attività aziendali saranno coinvolte nelle varie ipotesi di sviluppo internazionale?
A tal proposito è utile confrontarsi con lo schema della catena del valore, che raffigura attività aziendali primarie e di supporto.
La scelta di un determinato percorso di internazionalizzazione, caratterizzato da specifiche dimensioni strategiche, implica il coinvolgimento di alcune attività aziendali.
Ad esempio, se un'azienda produttrice decidesse di esportare direttamente una quota della propria produzione in un altro stato, attività quali marketing e vendite, servizi e gestione delle risorse umane sarebbero spostate in quest’altro posto.
In un secondo esempio, la precedente azienda potrebbe decidere di delocalizzare parte della propria produzione in un altro stato, da cui poi servire i mercati. In tal caso, tutte le attività primarie e parte di quelle a supporto sarebbero coinvolte nel processo di internazionalizzazione.
La rilettura di una strategia di internazionalizzazione attraverso la catena del valore consente al responsabile d'azienda di verificarne le conseguenze sulle singole attività aziendali e di favorire una comprensione immediata del livello di coinvolgimento richiesto all'impresa.
Il responsabile d'impresa dovrebbe quindi essere in grado di collocare la propria idea di internazionalizzazione all'interno grafico del rischio aziendale, per prendere coscienza in prima istanza del grado di rischio finanziario e di management che l'azienda dovrà sostenere.
I vincoli e i limiti all'internazionalizzazione
Viste 16 buone ragioni per internazionalizzarsi è ora opportuno verificare alcuni ostacoli all'internazionalizzazione:
1. Vincoli di risorse interne:
i limiti relativi alle risorse sono variabili in relazione alla onerosità della strategia di internazionalizzazione prescelta, questi vincoli possono fare riferimento a risorse
» finanziarie - esistono le risorse finanziarie per intraprendere l'analisi di mercato, le modifiche a prodotti e processi, l'approccio al nuovo mercato e le azioni di sostegno alla strategia di internazionalizzazione? Si è pronti a sostenere lunghi periodi di flussi di cassa negativi, spesso inevitabili a causa dei differenziali di costo e della scarsa conoscenza dei nuovi mercati?
» umane - esistono in azienda le risorse umane per la realizzazione del percorso di internazionalizzazione?
» produttive e tecnologiche - l'attuale capacità produttiva e le tecnologie a disposizione sono sufficienti per coprire i crescenti flussi produttivi e le modifiche di prodotto che verranno generate dalle vendite internazionali?
2. Limitate opportunità internazionali:
» il mercato per il proprio prodotto ha dimensioni sufficienti?
» il prodotto è competitivo? è possibile quantificare tale competitività?
» il prodotto risponde alle specifiche e standard qualitativi richiesti dal mercato?
3. Limiti al commercio e agli investimenti diretti:
» tecniche di controllo dei prezzi: tariffe e sussidi
» tecniche per la limitazione delle quantità dei beni importati: embargo e quote
» altre barriere: limiti volontari all'export o agli investimenti diretti all'estero, "countertrade" o co-produzione, procedure doganali o amministrative, specifiche qualitative, regolamentazioni locali
4. Vincoli dovuti alla scarsa esperienza: vi sono alcune problematiche che sono tipiche del business internazionale, fra le principali ricordiamo:
» metodi di pagamento internazionali
» trasporti internazionali e documentazioni relative
» negoziazioni internazionali
» garanzia dei diritti di proprietà
Mi auguro che altre persone aggiungano miglioramenti e commenti; con l’intento di essere costruttivi e salvaguardando le buone pratiche: termine molto utilizzato dalla confcooperative, di cui mi permetto di citare un’articolo, ricordando, che anche il mondo cooperativo si sta ponendo quesiti e cercando soluzioni sull’internazionalizzazione.
PREMESSA
Nel corso del 1997 Confcooperative realizzò una ricerca dal titolo "Globalizzazione ed Internazionalizzazione. Le nuove sfide per le cooperative". Le conclusioni di quella indagine sono state oggetto di una riflessione attenta che ha evidenziato l’opportunità di porre in atto alcune iniziative mirate a rimuovere quegli ostacoli che, - malgrado l’importante processo di internazionalizzazione verificatosi negli ultimi anni, molte imprese cooperative incontrano per ampliare e consolidare la loro presenza sui mercati esteri, per identificare partner con cui sviluppare strategie comuni, per mettere in atto forme di internazionalizzazione più complesse.
In occasione della Conferenza Economica di Mantova del marzo 1999 tali concetti venivano fatti propri dalle imprese di Confcooperative che sottolineavano la necessità di diffondere tra le cooperative l’orientamento ai mercati esteri e i processi di internazionalizzazione.
Nel documento conclusivo di quell'incontro si sosteneva tra l'altro che un vasto complesso di iniziative di varia natura è necessario per sostenere lo sviluppo economico della cooperazione, a partire dal sostegno ai processi di internazionalizzazione, con modalità coerenti al metodo cooperativo.
Tali processi devono passare attraverso il rafforzamento della disponibilità e capacità delle imprese cooperative principali a partecipare:
Traendo spunto da queste linee guida e da questi bisogni espressi dalle imprese cooperative associate, Confcooperative ha inteso con questa iniziativa porre in essere un primo tassello di un proprio programma d’intervento integrato, mirato a favorire il processo di internazionalizzazione delle cooperative.
Parte 1
"STRATEGIE, BUONE PRATICHE E PROGETTI PER
1. “Globalizzazione e strategie di crescita per le cooperative”
2. "Una buona pratica di promozione: il consorzio I Tesori del Sud Soc. Coop. a r.l."
3. "Un progetto internazionale pilota sull’est-europa: Scope"
Parte 2
"Strumenti nazionali e comunitari di sostegno alla internazionalizzazione delle Imprese Cooperative"
1. "Incentivi ed Enti, Istituti, Associazioni, Consorzi"
o Contributi ad Enti, Istituti ed Associazioni per la realizzazione di specifiche iniziative promozionali, integrative dell’attività promozionale pubblica (L.1083/54)
o Contributi ai Consorzi all’esportazione fra piccole e medie imprese (L.83/89)
o Contributi ai Consorzi agroalimentari e turistico-alberghieri (L.394/81 - art. 10)
o Contributi alle Camere di Commercio italiane all’estero (L.518 /70)
o Albo delle Camere di Commercio italo-estere o estere in Italia (L.580/93)
o Vetrina della Promotion
2. "Strumenti di sostegno specificamente volti a favorire l'internazionalizzazione delle Imprese"
o Finanziamento agevolato delle spese per la realizzazione di studi di prefattibilità e di fattibilità connessi all'aggiudicazione di commesse in paesi extra U.E. (DLgs 143/98 - art. 22, comma 5, lett. a - DM 23 marzo 2000 n. 136)
o Finanziamento agevolato delle spese per la realizzazione di programmi di assistenza tecnica e di studi di fattibilità, connessi ad esportazioni o ad investimenti italiani all'estero in paesi extra U.E. (DLgs 143/98 - art. 22, comma 5, lett. b - DM 23 marzo 2000 n. 136)
o Finanziamenti agevolati per la realizzazione di programmi di penetrazione commerciale in paesi non appartenenti all'Unione Europea (L 394/81 - art. 2)
o Finanziamenti agevolati delle spese di partecipazione a gare internazionali indette in paesi non appartenenti all'Unione Europea (L 304/90 - art. 3)
o Finanziamento agevolato dei crediti all'esportazione di beni durevoli (L 227/77)
o Assicurazione dei crediti all'esportazione di beni durevoli (L 227/77 - Dlgs 143/98 - SACE)
3. "Incentivi alla costituzione di Società all'estero"
o Partecipazione della Simest SpA e contributo agli interessi sui finanziamenti ottenuti dalle banche per la costituzione o acquisizione di quote in società all'estero nei Paesi extra U.E. (L 100/90)
o Partecipazione della Finest SpA e contributo agli interessi sui finanziamenti ottenuti dalle banche per la costituzione o acquisizione di quote in società all'estero nei Paesi extra U.E. (L 19/91)
o Finanziamenti agevolati per la costituzione di societa’ miste (joint-ventures) nei Paesi in via di sviluppo (PVS) (L 49/87 - art.7)
4. "Strumenti nazionali e comunitari di sostegno alla cooperazione Internazionale"
o COLLABORAZIONE CON I PAESI DELL'EUROPA CENTRALE ,ORIENTALE E DELL'EX-URSS;
o PROGRAMMA DI ASSITENZA TECNICO-FINANZIARIA AI PAESI DELL'EUROPA CENTRALE E ORIENTALE (PHARE)
o PROGRAMMA DI ASSITENZA TECNICO-FINANZIARIA AI NUOVI STATI INDPENDENTI E MONGOLIA.
Capitolo 1° - Globalizzazione e strategie di crescita per le cooperative
1. Governare la globalizzazione
L’economia mondiale è ogni giorno di più di dimensioni globali, come testimoniano la facilità stessa con cui la parola "globalizzazione" è entrata nel nostro lessico quotidiano e l’attenzione suscitata dalla Conferenza ministeriale WTO di Seattle.
Le moderne tecnologie informatiche e di comunicazione abbattono barriere e ostacoli fino a ieri insuperabili.
Gli spazi entro cui l’economia di ogni paese agisce si dilatano e sempre di più le dinamiche che segnano la crescita e lo sviluppo dipendono da variabili sovranazionali e fattori globali.
L’apertura dei mercati e i processi di integrazione regionale e continentale accelerano la caduta delle barriere protezionistiche.
È significativo che ormai si utilizzi una nuova dizione – New Economy – per indicare un salto epocale dalla economia delle nazioni all’economia globale.
Se l’’800 e il ‘900 sono stati i secoli dello sviluppo delle nazioni e dei mercati interni, il passaggio al nuovo millennio è segnato dall’ampliarsi a scala continentale e mondiale di orizzonti, scenari e luoghi dello sviluppo.
"Al posto di un mondo in cui le politiche nazionali orientano le forze economiche – scrive Thurow – l’economia globale crea un mondo in cui le forze geoeconomiche extranazionali dettano le politiche economiche nazionali".
La globalizzazione è infatti un processo generato dal commercio internazionale, dall’integrazione dei mercati finanziari mondiali e dalla riorganizzazione spaziale della produzione.
"Localizzazione globale" è la significativa espressione coniata dal leader della Sony, Akio Morita.
Una globalizzazione che non si esaurisce nella sola sfera economica, ma sempre di più investe aspetti sociali, culturali e politici.
Per questo si pone sempre di più la necessità di un "governo della globalizzazione" fondato su istituzioni sopranazionali riconosciute e regole condivise.
La storia dell’umanità è segnata dal progressivo allargarsi delle dimensioni del mercato.
E la storia delle istituzioni politiche – dalla polis greca alle istituzioni sovranazionali di oggi – può essere descritta come il progressivo ampliarsi territoriale della sovranità per governare e gestire un mercato in costante estensione.
E’ riprova di ciò d’altra parte il costante sviluppo in tutti i continenti di istituzioni di integrazione - dall’UE al Mercosur, dal NAFTA all’ASEAN, dall’APEC alle varie istituzioni di cooperazione regionale - e la nuova attenzione dedicata alle istituzioni mondiali chiamate a governare issues globali.
Ogni cambiamento epocale genera incertezza, paura e un’istintiva reazione di difesa.
Come per l’avvicinarsi di un nuovo millennio, anche la mutazione del vecchio quadro economico mondiale ha dato voce a inquietudini e paure che mettono in evidenza soprattutto i rischi e i costi della globalizzazione.
Proprio per superare questo atteggiamento difensivo, è necessario offrire risposte convincenti agli interrogativi posti dalle opinioni pubbliche ed emerse anche in occasione del vertice di Seattle.
La globalizzazione non è una politica che possa essere astrattamente giudicata giusta o sbagliata.
E’ un processo storico ineluttabile ed è la nuova "dimensione" entro cui si collocherà sempre di più ogni fenomeno e aspetto della nostra vita.
La globalizzazione c’è e ci sarà sempre di più. Né serve avere nostalgia di vecchie tutele protezionistiche, peraltro sempre meno efficaci.
Ciò non significa ignorare i rischi, le contraddizioni, le sperequazioni insite nei processi di mondializzazione. Ma al tempo stesso occorre essere consapevoli quanto l’apertura dei mercati e la new economy offrano opportunità di scambi, di relazioni, di acquisizioni tecnologiche, di crescita impensabili fino a qualche anno fa, in primo luogo per quei popoli e nazioni che fino ad oggi sono stati ai margini dello sviluppo.
L’insuccesso della Conferenza di Seattle dimostra non già l’impossibilità di governare la globalizzazione, ma semmai la complessità e la difficoltà di un tale obiettivo.
Semplicemente occorre essere consapevoli che la globalizzazione non è "neutra", ma dipende da quali valori la ispirano, da chi la dirige e come.
E tuttavia governarla resta un obiettivo irrinunciabile. Anzi proprio quell’insuccesso dimostra che il mondo non può essere governato sulla base della sola somma di politiche nazionali. Ed è, dunque, urgente rimettere in moto un’azione per il superamento dell’impasse di Seattle.
11) proposte operative
Consapevole della modestia degli argomenti trattati e dei mezzi a mia disposizione, con l’ augurio di riuscire sempre a conservare la necessaria capacità di riflessione, anche nei periodi più difficili, chiedo al sindaco di valutare se vi siano le condizioni possibili per sviluppare le iniziative che espongo.
Con un ulteriore impegno potremmo individuare i principali settori in cui è importante intervenire, per incentivare e produrre sviluppo.
Le mutazioni in un luogo come il nostro risultano lentissime, d'altronde verifichiamo in continuazione come non sia semplice sviluppare cultura e risorse umane nelle nostre modeste famiglie.
Intendo con sviluppo culturale, la sperimentazione diretta dei concetti che richiedono concretezza e coerenza, essendo insufficienti le nozioni memorizzate in superficie, che interagiscono debolmente con la coscienza e la natura delle persone.
Una sana cultura per riportare alla normalità l’istruzione, rispettando l’identità e la dignità di ognuno, contrastando decisamente le tendenze che portano a dissociare la realtà dall’illusione.
Parliamo di cultura della verità, della trasparenza e della coerenza.
Chiedo alla comunità di riflettere insieme a me sul fatto che una buona parte della nostre famiglie riesce a dare una decente istruzione ai propri figli, oggi quantitativamente anche superiore che in passato, e poi puntualmente emigra in blocco, lasciando, continuamente inalterata la crescita della comunità platacese e con minime risorse umane ed economiche.
Tutti dicono: che cosa dovrei fare in questo luogo, dove non esistono prospettive e infrastrutture per esprimere la personalità e la professionalità acquisite all’università?
Il problema esiste anche per chi non ha un titolo specifico, che di fronte all’immobilismo e costretto all’emigrazione.
E chiaro che mancano organi di coordinamento e di utilizzazione delle risorse umane, professionali ed economiche.
Inoltre per mancanze di strutture e di cultura sociale bisogna aggiungere l’aggravamento della situazione nel settore dell’assistenza sanitaria, degli anziani e dei bisognosi, sempre più soli ed abbandonati.
Sono arrivato alla conclusione che è necessario istituzionalizzare a livello comunale organi che trovano già collocazione in altri ambiti sovracomunali o in realtà culturalmente ed economicamente più forti delle nostre modeste situazioni locali.
Ritengo che la l’attuale inesistenza di questi organismi, sia da ritenersi incompletezza organizzativa all’interno della struttura dello stato sociale.
Penso che possiamo colmare tali carenze, anche per rivitalizzare le piccole e grandi realtà comunali e le naturali aspirazioni di tutti i cittadini.
Propongo la creazione dei seguenti uffici:
1) ufficio per la cultura Promozione
sviluppo
gestione
2) ufficio per la cooperazione Promozione
sviluppo
gestione
3) ufficio per l’assistenza Promozione
anziani e sviluppo
bisognosi gestione
PER
Si propone uno schema di regolamento.
1. Il Comune riconosce il ruolo dell’associazionismo come espressione di impegno sociale e di autogoverno della società civile e ne valorizza la funzione per la partecipazione alla vita della comunità.
2. Il Comune favorisce il pluralismo e l’autonomia delle associazioni e ne sostiene le attività, sia quelle rivolte agli associati che quelle rivolte a tutta la collettività.
3. A tal fine il Comune, nell’esercizio delle proprie competenze, ispirandosi ai principi ed ai valori della Costituzione e delle leggi vigenti sulla (Disciplina delle associazioni di promozione sociale), con il presente regolamento detta norme per la valorizzazione dell’associazionismo di promozione sociale quale espressione d’impegno e pluralismo della società civile.
4. Con il presente regolamento, il Comune detta altresì i principi generali che favoriscono i rapporti tra le istituzioni pubbliche e le associazioni di promozione sociale, nella salvaguardia dell’autonomia delle associazioni stesse.
Si ricorda che
Sono considerate associazioni di promozione sociale le associazioni di natura privatistica costituite ai sensi della legge n. 383 del 2000 per perseguire, senza scopo di lucro, interessi collettivi attraverso lo svolgimento continuato di attività di promozione sociale rivolte a favore degli associati e di terzi e finalizzate:
a. all´attuazione dei principi della pace, del pluralismo delle culture e della solidarietà fra i popoli;
b. allo sviluppo della personalità umana in tutte le sue espressioni ed alla rimozione degli ostacoli che impediscono l´attuazione dei principi di libertà, di uguaglianza, di pari dignità sociale e di pari opportunità, favorendo l´esercizio del diritto alla salute, alla tutela sociale, all´istruzione, alla cultura, alla formazione nonché alla valorizzazione delle attitudini e delle capacità professionali;
c. alla tutela e valorizzazione del patrimonio storico, artistico, ambientale e naturale nonché delle tradizioni locali;
d. alla ricerca e promozione culturale, etica e spirituale;
e. alla diffusione della pratica sportiva tesa al miglioramento degli stili di vita, della condizione fisica e psichica nonché delle relazioni sociali;
f. allo sviluppo del turismo sociale e alla promozione turistica di interesse locale;
g. alla tutela dei diritti dei consumatori ed utenti;
h. al conseguimento di altri scopi di promozione sociale.
inoltre
Le associazioni in genere si riconoscono nei valori che caratterizzano la tradizione libera e democratica dell'associazionismo, ed in questo spirito informano i propri Statuti ai seguenti principi:
a) la libertà associativa, come aspetto della libertà della persona e dei gruppi sociali;
b) il pluralismo, quale conseguenza della libertà politica ed economica, e fonte di sviluppo per le persone, per le imprese e per la società civile;
c) la democrazia interna, quale regola fondamentale per l'Organizzazione e riflesso della democrazia politica ed economica che
d) la solidarietà, fra gli associati e nei confronti del Paese e come carattere primario della sua natura associativa;
e) la responsabilità verso i soggetti associati e verso il sistema economico e sociale, ai fini del suo sviluppo equo e integrato;
f) l'eguaglianza fra gli associati in vista della loro pari dignità di fronte alla legge e alle istituzioni;
g) la partecipazione allo sviluppo dei servizi legati alla evoluzione della realtà sociale, come contributo al benessere di tutta la collettività;
h) l'europeismo quale forma primaria, nell'attuale fase storica, per costruire ambiti crescenti di convivenza costruttiva e di collaborazione pacifica fra le nazioni.
2. Le associazioni si impegnano conseguentemente a impostare la loro azione quale modello di riferimento per gli associati nel rispetto delle seguenti regole di comportamento:
a) leale osservanza delle leggi e degli impegni sottoscritti e, nello spirito del loro doveroso e convinto senso dello Stato, promuovere una coscienza associativa che contrasti ogni pratica illegale ai danni dei beni, imprese e persone, in qualunque forma si manifesti;
b) rispetto e promozione degli interessi legittimi dei cittadini e in particolare del loro diritto a una corretta e completa informazione;
c) senso di responsabilità e contributo fattivo alla salvaguardia delle condizioni di vivibilità dell'ambiente e del territorio in cui si opera;
d) partecipazione attiva degli associati alla vita dell'Organizzazione a tutti i livelli, nelle forme stabilite dagli organi;
e) condotta morale e professionale integra degli associati e in particolare di quelli fra loro che rivestono incarichi in organismi interni o esterni dell'Associazione;
f) espletamento degli eventuali incarichi associativi o pubblici con spirito di servizio e disponibilità a rimetterli all'Organizzazione qualora il superiore interesse di essa lo esiga;
g) dovere di garantire la migliore qualità dell'immagine ed il rispetto del nome dell'Organizzazione in ogni attività anche esterna al contesto lavorativo.
PER
Anche qui assume forte importanza una struttura istituzionalizzata, per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, che nel tempo con le cooperative diventerà una forma di economia stabile e una realtà di lavoro per la gente.
Una struttura che attraverso la cooperazione e i cooperatori garantirà a tutti un lavoro.
A differenza delle strutture private che vengono trasmesse all’interno delle famiglie ai loro eredi,
queste strutture cooperative saranno trasmesse nel tempo dalla comunità a tutti i cittadini che ne vorranno far parte, per garantire a tutti ciò di cui hanno bisogno.
Qui sarà importante l’attività di controllo del comune stesso e delle organizzazioni di rappresentanza delle cooperative al fine di conservare per il bene comune queste proprietà, dalle aggressioni e dalla corsa all’accaparramento della proprietà sociale e collettiva, poiché non abbiamo ancora raggiunto lo stadio di civiltà necessaria.
Citiamo di nuovo alcuni principi sull’identità cooperativa approvato dal XXXI Congresso dell'Alleanza Cooperativa Internazionale Nel 1995, a Manchester
1° Principio: Adesione libera e volontaria (porta aperta)- Le cooperative sono organizzate volontarie aperte a tutti gli individui capaci di usare i servizi offerti e volenterosi di accettare le responsabilità connesse all'adesione, senza alcuna discriminazione sessuale, sociale, razziale, politica o religiosa
4° Principio: Autonomia ed indipendenza - Le cooperative sono organizzazioni autonome, autosufficienti controllate dai soci. Nel caso in cui esse sottoscrivano accordi con altre organizzazioni (incluso i governi) o ottengano capitale da fonti esterne, le cooperative sono tenute ad assicurare sempre il controllo democratico da parte dei soci e mantenere l'autonomia della cooperativa stessa
Note
12. La trasparenza
La produzione e la distribuzione della ricchezza, l’utilizzo dei patrimoni comuni, si devono realizzare in cooperativa nella massima chiarezza.
La riservatezza dell’imprenditore è necessaria, ma essa non può essere confusa con il segreto, soprattutto verso i soci.
I dirigenti che confondono la riservatezza con il segreto possono fare per breve tempo gli interessi dell’impresa, ma a lungo andare faranno sicuramente del male alla cooperativa.
La cooperazione è una organizzazione che non ha nulla da perdere o rischiare a essere trasparente.
Essa è una vera istituzione della trasparenza: si tratta di un grande punto di forza.
Le cooperative potranno così diventare una parte importante del laboratorio imprenditoriale produttivo della comunità e, con la loro esperienza interagiranno con tutti gli strati della società.
Penso che possiamo affermare la nostra volontà, portando a compimento l’espressione degli articoli della costituzione italiana:
1. L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
4.
rendano effettivo questo diritto.
Questo significa che:
Il compito di ogni Stato Civile od Nazione è quello di produrre Lavoro nel rispetto della dignità ed bioetica di ogni individuo.
Quindi, se ogni individuo dalla nascita fino alla maggiore età deve avere diritto ad una vita normale: i genitori, per il sostentamento dei figli devono percepire il denaro necessario per se stessi e per la loro dignitosa crescita, formazione ed evoluzione spirituale fisica ed economica.
Se ciò non avviene noi vanifichiamo la costituzione.
In modo semplice potremmo dire: parole morte a cui non diamo vita.
Penso sia corretto l’orientamento che attualmente ha portato alla concezione delle sei ore lavorative giornaliere, poiché il lavoro non deve essere un’alienazione e non deve sottrarre spazio alla persona e alla famiglia, ma dev’essere uno dei mezzi con cui l’individuo (maschio e femmina) si realizza nella vita. Se l’individuo ne ha necessità, il lavoro deve essere garantito a tutti dalla maggiore età.
Quindi lo stato ad ogni uomo maschio e femmina, raggiunta la maggiore età, in mancanza di un lavoro, deve garantire la sopravivenza civile, con un organizzazione capace di esprimersi nei settori sociali, produttivi, costruttivi, positivi e creativi.
La cooperazione è una soluzione e una forma di azione che può essere inquadrata in questo sistema di garanzia.
Il comune può dare l’esempio costituendo la prima cooperativa per l’utilizzo del territorio comunale e delle sue risorse, richiedendo con semplici contratti l’utilizzo dei territori liberi e inutilizzati, accorpandoli per le imprese cooperative, sostenendole fino al loro avvio.
Abbiamo visto nel recente passato, che con l’aiuto dell’organo pubblico di governo locale per la richiesta dei finanziamenti di cui lei e stato il maggior promotore, queste iniziative hanno assunto maggiore efficacia, ed hanno permesso poi a me e ad altri cooperatori di costruire le strutture edilizie necessarie per avviare le prime attività.
Si è dimostrato che il lavoro sinergico che è stato compiuto ha dato i suoi risultati.
Visto che:
a) Alcuni ragazzi che escono dalle scuole medie ed emigrano direttamente all’estero, evitando di prendere in considerazione le possibilità locali, che in effetti risultano poche, o inesistenti.
Allo stesso modo anche per quelli diplomati e laureati c’è poca informazione sul mondo del lavoro e spesso si pensa che debbano trovare una soluzione personale nel mercato che li circonda, mentre di fatto, pochi sono protetti e incanalati in impieghi vari.
In sostanza chi ha la fortuna di avere delle conoscenze si aggiusta, gli altri si arrangiano o periscono.
Iniziare un’attività lavorativa per molti è proibitivo, anche con le nuove leggi sul prestito d’onore, molte persone non sono nella condizione di potersi organizzare, sia per informazione che per disponibilità economica.
Potrebbe risultare determinante un iniziativa forte come l’istituzione dell’ufficio sulla cooperazione con l’intervento di concreti fondi pubblici.
Allo scopo potrebbe essere necessario incominciare a mettere in bilancio una seria riserva come fondo per lo sviluppo e la promozione del lavoro, ed attivare le relative richieste di finanziamento, augurandoci una pronta risposta dagli organi regionali e nazionali.
Si può richiedere anche il contributo degli interessati, ma deve esserci sempre un organo serio di indirizzo e controllo.
Visto lo sforzo della comunità platacese nella cooperazione penso sia giusto investire anche le associazioni di rappresentanza, con cui fino ad ora non c’è stata molta collaborazione.
D’innanzi all’ignoranza, all’immaturità e alla spregiudicatezza degli atteggiamenti senza regole civili, e per evitare che questi danneggino la società e i suo processi costruttivi:
è importante riuscire a prevenire e fare opera di prevenzione.
Perciò allo stesso modo in cui si dice che:
occorre essere consapevoli che la globalizzazione non è "neutra", ma dipende da quali valori la ispirano, da chi la dirige e come.
Così è importante la promozione e l’educazione cooperativa con i valori e i principi, nonchè il controllo che questi principi e valori vengano osservati e praticati .
PER L’assistenza agli anziani e bisognosi il comune può predisporre un locale apposito. Copia delle chiavi di tale locale dovrà darsi ad ogni rappresentante cooperatore operante nel comune, oltre a un incaricato comunale.
Allo stesso modo il Comune può dare l’esempio costituendo la prima cooperativa per la gestione di un centro per anziani e bisognosi, con l’inclusione di apposito ambulatorio medico a sostegno anche delle emergenze sanitarie.
Consapevole delle difficoltà economiche di comuni piccoli come il nostro, ma con l’augurio che le persone di buona volontà, possano trovare le giuste soluzioni nell’ambito che lo stato civile tutela con le sue leggi l’associazionismo, la cooperazione, l’imprenditoria e le comunità locali, chiedo di attivarsi, utilizzare le risorse umane presenti e chiedere agli enti provinciali, regionali, statali ed europei il sostegno delle iniziative su esposte.
Plataci li 23-02-2005
Distinti saluti
Domenico Stamati