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Plataci li 23/24-07-2005

In occasione delle riflessioni sul pensiero di Antonio Gramsci

Domenico Stamati   Analisi  e  osservazioni  su

sviluppo umano  -   la cooperazione e lo stato -  economia e politica

        - alcune proposte operative -                               

1 - discernimento e consapevolezza

In questo tempo siamo consapevoli più che mai, che ogni azione produce effetti e conseguenze a noi chiaramente comprensibili.

Lo stesso concetto si può esprimere nel seguente modo:

L’uomo, in quanto discerne, giudica, e sceglie spontaneamente, è responsabile.

Le stagioni della vita caratterizzano la nostra presenza, mentre l’ispirazione della poesia ne definisce l’essenza.

Due condizioni ci seguono in questo camino : potenza e impotenza:

- se si vuole che il proprio corpo sia robusto, conviene abituarsi alle sane abitudini.

- dei mali del corpo tutti vorrebbero, ma molti non possono guarire; di quei dell’anima potrebbero tutti, ma pochi  

   vogliono.

Queste importanti possibilità bisogna usarle bene nel nostro tempo, così, pure il libero arbitrio di scegliere e realizzare il meglio di ciò che è in nostro potere.

Possiamo serenamente affermare, nell’ottimismo della ragione l’umanesimo, la dignità e il principio di responsabilità,   che è perfettamente alla nostra portata, oltre ché un nostro diritto e dovere.

La responsabilità è il primo passo verso il progresso della persona umana,  perché essa manifesta

il diritto di poter fare   e quindi   la libertà di azione.

Il valore di una società civile si può misurare dall’importanza che essa attribuisce al principio di responsabilità e alla sua salvaguardia.

Allo stesso modo la vita di ogni individuo assume significato, valore, importanza, mentre essere uomo  acquista un senso compiuto  e  vivere diventa, Volontà, consapevolezza, attenzione, capacità di mutare la propria condizione, in sintesi  evoluzione.

Si agisce realizzando le semplici e coerenti buone regole  (chiaramente scritte, dette e fatte), e finalmente la giustizia  può estinguere l’odio  e permettere  di vivere in pace,  mentre la sovranità di ognuno si  esprime  nella costituzione ed è il rispetto del libero reciproco arbitrio secondo verità, giustizia, libertà, diritto, dovere.

2 - lo sviluppo umano e la crescita economica

Nel Principio di responsabilità e nel modello sociale in cui si vive ognuno realizza  lo sviluppo umano.

Molti studiosi e ricercatori mettono in evidenza le relazioni tra lo sviluppo umano, la crescita economica e i benefici di questa crescita.

La crescita economica è intesa di solito come un fatto quantitativo (e cioè la percentuale di aumento del reddito o del prodotto pro-capite) mentre i benefici della crescita, che consistono in un generale innalzamento delle condizioni di vita della gente,  sono quelli che più correttamente vengono indicati con il termine di sviluppo. Evidentemente è molto semplice e quasi immediato collegare questi due aspetti affermando che laddove c’è crescita può esserci anche sviluppo. L’evidenza statistica ha dimostrato che non è sempre così: larghe fasce di popolazione, in molti paesi, non riescono a cogliere i frutti della  crescita.

Squilibri di vario genere manifestano chiaramente la necessità di dover procedere a una ridistribuzione del reddito,  attivando una giusta politica della spesa e una giusta politica fiscale.

In sostanza si tratta di riconoscere l’importanza del  Welfare, cioè del  benessere  o Welfare stateStato sociale  che allude al carattere che gli Stati democratici hanno progressivamente assunto a partire dagli ultimi decenni del XIX secolo.

Questi concetti, sono stati ampiamente teorizzati, e già da lungo tempo, da economisti come  J.M. Keynes, (parliamo degli anni 30)  riconoscendo il diritto di ogni cittadino a un livello di reddito minimo garantito, alla salute, all'istruzione, all'abitazione, ecc.  Concetti vastamente dibattuti ed esposti, che mettono in palese evidenza l’inosservanza, l’ignoranza e i desideri malsani di molte classi di  governanti immaturi.

In molti si sono chiesti: Crescita uguale Sviluppo ?

La crescita economica è ciò che permette di aumentare la ricchezza di un paese:

e se la ricchezza si fa più grande le persone non potranno che stare meglio.

Sulla base di queste premesse, l’obiettivo prevalente di ogni paese  è allora quello di puntare ad un tasso di crescita del reddito pro-capite quanto più elevato possibile.

In questa prospettiva è anche facile comprendere perché a partire dagli anni Cinquanta il PIL (Prodotto Interno Lordo) o il PNL (Prodotto Nazionale lordo) siano diventati il più importante, se non unico, punto di riferimento su cui si concentrava l’attenzione degli economisti e dei governi.

L’idea di fondo era che i guadagni derivanti dal processo di crescita del PIL pro-capite e complessivo avrebbero fatto ricadere, prima o poi, i loro effetti positivi sull’intera popolazione sotto forma di nuovi posti di lavoro, maggiori opportunità economiche e standard di vita più elevati, riduzione della povertà e delle diseguaglianze.

Stupisce l’osservazione curiosa di  Mahbub ul Haq, ispiratore e ideatore dei Rapporti sullo sviluppo umano, che  nel 1971 scriveva:

Ci avevano insegnato ad occuparci solo del prodotto interno lordo perché poi quest’ultimo si sarebbe preso cura della povertà. Ribaltiamo questa opinione, occupiamoci della povertà perché ciò, a sua volta, si prenderà cura del prodotto interno lordo. In altri termini, preoccupiamoci del contenuto del prodotto lordo, ancor più del suo tasso di incremento.

Questi pensieri incominciarono a scuotere l’identità  crescita = sviluppo,  e viene così riconosciuta l’autonomia dei due concetti, certamente legati tra loro ma non necessariamente in modo diretto e conseguente come si era assunto in precedenza.

La percentuale di crescita del prodotto nazionale, pur mantenendo ancora un ruolo centrale come indicatore di sviluppo,  non è più il solo,  incontrastato  protagonista.

Si apre però il problema di cosa sia lo sviluppo e verso quali nuovi obiettivi deve rivolgersi l’attenzione dei governi e degli studiosi.

A metà degli  anni ottanta due economisti dello sviluppo, Paul Streeten e Francis Stewart, richiamano l’attenzione sulla necessità di attuare politiche di lotta alla povertà basate sul trasferimento di beni e servizi, soprattutto nel campo della sanità e della scuola, oltre che sul reddito. L’obiettivo più generale è quello di garantire il raggiungimento di uno “stato di vita piena” per tutti e non soltanto per una data soglia di reddito.

Si sposta così l’attenzione dagli indicatori economici (PIL o PNL) riferiti ad un’intera collettività, alla singola condizione individuale: l’intento è quello di sfuggire il rischio che dietro a valori complessivi o medi si nascondano profonde diseguaglianze.

Si ribalta completamente la prospettiva : è attraverso il soddisfacimento dei bisogni umani che si può pensare di favorire la crescita economica.

La terza novità consiste nel fatto che la politica di lotta alla povertà viene impostata in termini soprattutto di beni e servizi più che di reddito.

Amartya Sen estende lo sguardo verso un orizzonte più ampio.

Innanzitutto, afferma che i concetti di sviluppo e di benessere debbano andare al di là del semplice possesso di beni o alla disponibilità di servizi guardando piuttosto a ciò che essi permettono agli individui di fare.

I beni, così come il reddito, sono un mezzo per ottenere benessere ma non sono, di per sé, indice di benessere.

Occorre guardare, come si era sottolineato, a ciò che le persone riescono a fare e ad essere con i mezzi, ma anche con le capacità a loro disposizione.

E’ a questo spazio delle realizzazioni e dei traguardi importanti della vita umana che occorre guardare per giudicare il benessere degli individui e lo sviluppo dei paesi.

Si mette così in evidenza la presenza congiunta di grandi ricchezze accanto a drammatiche povertà, di crescita sostenuta degli indicatori economici e preoccupante declino degli indicatori sociali ed ambientali, di riconoscimento formale della democrazia e di sistematiche violazioni dei diritti elementari dell’uomo.

In queste nuove prospettive i ricercatori sviluppano i concetti secondo cui

la facoltà di una persona di avere accesso a un reddito rappresenta una delle possibilità di scelta, ma non la somma totale delle aspirazioni umane.

Ne conseguono  tre aspetti che sintetizzano l’intero approccio allo sviluppo umano

1)      il concetto di sviluppo deve essere esteso al di là della sola dimensione strettamente quantitativa e monetaria. Reddito e ricchezza sono elementi certamente rilevanti ed essenziali per la vita di tutti noi ma non sono i soli e da soli, senza principi e valori, non bastano a rappresentare l’effettivo insieme di scelte a disposizione degli individui, ad esprimere ciò che  la gente è e ciò che la gente fa.

2)      gli individui, gli uomini, le donne non sono solo i potenziali beneficiari,  ma soprattutto gli artefici e principali attori dei processi di sviluppo, che : “deve essere lo sviluppo delle persone, promosso dalle persone, per le persone”

3)      Il terzo, infine, è quello che rappresenta l’obiettivo, il fine principale dello sviluppo umano:      questo consiste nell’ampliamento degli spazi che racchiudono le opzioni e le scelte a disposizione      della gente, nella formazione nel miglioramento e nel potenziamento delle capacità umane. Solo    in questo modo lo sviluppo si realizza e diventa più democratico e partecipato.

Tra le scelte essenziali per la vita umana rientrano certamente la disponibilità di risorse sufficienti a garantirsi un tenore di vita dignitoso, ma anche la possibilità di condurre una vita lunga e sana, di acquisire conoscenze, di partecipare a pieno titolo alla vita sociale e comune, disponendo di reali opportunità nel mondo del lavoro e delle professioni, così come nell’ambito politico, di vedere garantite le libertà civili e politiche e i diritti umani, di sviluppare i propri talenti e la propria creatività.

Si tratta di opzioni che contribuiscono ampiamente a determinare il benessere (non solo materiale) dei cittadini e alcune di queste possono risultare ancora più essenziali di quanto non lo sia il semplice possesso di reddito: è sufficiente pensare a dimensioni quali la salute o i diritti.

L’impossibilità di disporre di alcune di queste opzioni può inoltre pregiudicare la possibilità di accedere a molte altre sfere della vita umana: è quanto avviene, ad esempio, con riferimento all’istruzione e alla conoscenza, che rendono possibile l’esercizio di altre scelte sul fronte, ad esempio, della salute e della possibilità di accedere alle opportunità economiche o alla vita politica.

Poter effettivamente disporre di queste opzioni richiede, prima di tutto, che le persone siano davvero libere di scegliere. Il concetto di libertà è ciò che si pone alla base di ogni processo di sviluppo nel senso che non può esserci sviluppo se non c’è libertà. Come sottolinea con particolare forza Amartya Sen, “lo sviluppo può essere visto come un processo di espansione delle libertà reali di cui la gente può godere”.

L’introduzione del principio di responsabilità e della sua salvaguardia, ci permette di precisare ancora di più gli orizzonti dando forma, forza e valore alle libertà reali degli individui,

con la garanzia del primo passo verso il progresso della persona umana, cioè il diritto di poter fare  e quindi  la libertà di azione.

In questa cornice di valori primi necessari, oltre alla libertà, sono da includere la verità, la giustizia, il diritto e il dovere, che devono essere il fine principale dello sviluppo, ma sono anche i principali mezzi di questo, nel senso che solo attraverso il rispetto e la tutela di questi valori un paese può intraprendere con successo la strada che conduce ad uno vero sviluppo umano.

Questi valori e queste libertà si ricollegano a diverse sfere della vita. Riguardano la sfera politica, inclusi i diritti civili e la possibilità di partecipare in modo attivo e senza impedimenti alla vita politica.

Interessano  la sfera economica, nel senso di vedere effettivamente riconosciuto a ogni individuo il diritto di partecipare alle attività di produzione, di consumo e di scambio che avvengono nelle economie di mercato. Comprendono la sfera sociale e, in particolare, quegli aspetti quali la salute, l’istruzione e tutte quelle opportunità che le società dovrebbero offrire e garantire ai propri cittadini. 

L’esercizio di queste libertà e di questi valori  presuppone un ruolo attivo e partecipativo degli individui, di ogni individuo, senza discriminazione di alcun genere.

Come si è già sottolineato, la partecipazione della gente, rappresenta uno dei punti centrali dell’approccio dello sviluppo umano. “Partecipazione vuol dire che le persone sono coinvolte in profondità nei processi economici, sociali, culturali e politici che influenzano la loro vita.

In alcuni casi, esse possono godere di un controllo completo e diretto di questi processi, mentre in altri questo controllo può essere indiretto o parziale, ma il punto fondamentale è che dispongono comunque di qualche potere. La partecipazione, intesa in questo senso, è un elemento essenziale dello sviluppo umano”.

Come si può capire, il senso della partecipazione è qui inteso in modo molto più ampio rispetto alla semplice partecipazione al voto: è qualcosa che appartiene ad ogni sfera della vita umana.  Questo significa che ogni meccanismo di esclusione, di discriminazione, di impedimento al processo partecipativo nei confronti di un qualunque individuo,  rappresenta un limite ed una sconfitta per lo sviluppo umano.

In definitiva, rispetto alle teorie tradizionali della crescita economica, l’approccio dello sviluppo umano considera la crescita  del PIL  come  una condizione  necessaria  ma  non sufficiente,  che va completata con

la Verità,  la Giustizia, la Libertà, il Diritto, il Dovere.

Infatti in molti paesi una rapida crescita del PIL o elevati livelli di reddito pro-capite si accompagnano a bassi livelli di sviluppo umano, in altri casi, accade l’opposto e, in altri ancora, le due grandezze si  muovono nella stessa direzione ma con ritmi molto diversi.

Lo sviluppo umano considera il reddito un mezzo e non un fine

e  il benessere di un paese dipende dai valori che ha 

e dall’uso che viene fatto del reddito e non solo dal suo livello.

3 - la cooperazione e lo stato

Era importante citare gli studi sullo sviluppo umano affinché si capisse il legame non trascurabile con la cooperazione, la quale agisce e quando parla di se, afferma con chiarezza che non si tratta esclusivamente di una semplice entità economica. L’aspetto economico-finanziario ha infatti la sua importanza, ma l’attività di una cooperativa va a toccare, in modo non marginale: la sfera sociale, quella economica e non ultima quella culturale.

L’estrema semplicità con la quale la Lega Nazionale delle Cooperative pone la responsabilità tra le sue note ai principi e valori, il lavoro quotidiano con cui anche le atre centrali cooperative e i singoli sconosciuti cooperatori Femminili e maschili esprimono e praticano l’educazione e la promozione, ha portato il mondo della cooperazione a evidenziare il Principio di responsabilità.

Questo spirito e la sua risultante mi ha permesso di intuire ed interpretare la volontà di tanti cooperatori femminili e maschili attivi in tutto il pianeta, affermando che il principio di responsabilità rappresenta il cuore della cooperazione.

Questo principio ci connette “automaticamente” allo sviluppo umano e come ho prima sottolineato, apre ancora di più gli orizzonti dando forma, forza e valore alle libertà reali degli individui, mentre la verità, la giustizia, la libertà , il diritto, il dovere, sono la pietra angolare di tutto il sistema.

Lo stato come principio di civiltà assume importanza particolare nel momento in cui ha la consapevolezza e deve procedere alla ridistribuzione del reddito;  correggere gli errori dell’uomo e dare aiuto a chi malcapitato nel destino, soffre;  garantire la verità, la giustizia, la libertà , il diritto, il dovere ugualmente per tutti.

Possiamo concludere che chi lo rappresenta riceve il privilegio e il compito di amministrare con dignità e serietà senza sottostare ad altre entità,  poiché altrimenti,  oltre a venir meno la propria sovranità, sarebbe chiaramente compromesso il principio di responsabilità di tutti gli altri.

Ricordando che:

Il compito di ogni Stato Civile od Nazione è quello di produrre Lavoro nel rispetto della dignità ed bioetica di ogni individuo.

Prendendo nota delle espressioni di luminari come Albert Einstein, che dice:

L’infinito mistero dell’universo;

l’infinita stupidità dell’uomo;

per la grazia che ci è concessa, per la cultura che abbiamo ereditato, per l'amicizia che ci accompagna con i nostri poeti, e quindi, come cita Dante: La gloria di colui che tutto move per l'universo penetra, e risplende in una parte più e meno altrove.

Preferiamo riprendere le parole di Sant  Ambrogio che espone in modo semplice il suo pensiero:

Non  date  mai  ai  poveri  ciò  che  è  vostro, semplicemente restituite loro  ciò che  gli  appartiene,  perché  ciò  di  cui  vi  siete  appropriati  fu  dato  per  l'uso  comune  di  tutti.  La  terra  è  stata  data  a  tutti,  non  solo  ai  ricchi.

A questo punto siamo nelle condizioni di porci le seguenti domande:

 

lo stato deve equilibrare la disparità che c’è tra uno-a che nasce in una famiglia ricca e uno-a che nasce in una famiglia povera ?

lo stato ha il diritto e il dovere di difendersi dall’aggressione degli ipocriti, usurai e parassiti e di difendere tutti i cittadini e il loro principio di responsabilità ?

La mia risposta è sicuramente si !

Infine voglio ricordare i seguenti importanti ministeri:

Ministero  della  Sanità

Ministero  della  Pubblica  Istruzione

Ministero  delle  poste  e  telecomunicazioni

Ministero  dei  Trasporti – Ferrovie – Enel –

Ministero  dell'economia  e  Finanza

Ministero  della  Magistratura

Questi formano la configurazione minima di settori pubblici che uno stato deve avere.

Gli studi più attenti avvertono dicendo che:  privatizzando alcuni di questi settori si producono notevoli  implicazioni negative e lo stato viene notevolmente menomato.

Esistono oramai svariate casistiche che evidenziano chiaramente gli squilibri e  i danni sociali  ed economici  derivanti, da queste deformazioni.

Volere negare tutto ciò significa rendersi colpevoli delle disgrazie di popoli interi.

 

Su questi concetti invito tutti a una profonda riflessione, al fine di realizzare l’equilibrio e la differenza tra  pubblico e privato, tra personale e sociale, che non sono in contrasto tra loro, ma devono essere necessariamente compresi e giustamente  equilibrati.

4 – economia - politica – barriere - prospettive

Siamo nell’anno 2005 la crisi economica si ripercuote sulla vita delle famiglie, colpendo in prevalenza quelle sprovviste di reddito fisso garantito. 

In queste condizioni la tecnologia controllata e utilizzata da pochi gruppi  non produce  miglioramenti significativi sullo sviluppo umano.

Molte zone di povertà non retrocedono e mettono in evidenza l’aggressione alle conquiste sociali e ai progressi di molte  generazioni.

Il  livello di burocraticità e l’accesso ai servizi pubblici risulta ancora dispendioso e artificioso, mentre lo stato sociale da chiari segnali di degenerazione, tanto che nelle discussioni si sente dire: dovrà andare ancora più peggio, così vedrai che per necessità  le persone si riabitueranno e riprenderanno la zappa.

Ed ecco che in condizione di tali necessità si vedono cose come la schiavitù, lo sfruttamento e l’umiliazione, che almeno in occidente si pensava fossero state superate, dal diritto e dalle regole.

Vogliamo  rispondere a queste provocazioni ricordando che:

I lavori manuali hanno la stessa dignità degli altri lavori, ma questo non ha niente a che fare con la realtà temporale e storica in cui viviamo.

Siamo  nell’era dei computer, dell’alta meccanica, della tecnologia e dietro tutto questo c’è tanto pensiero umanistico e scientifico, che non può essere sconfitto da speculazioni economiche, da atteggiamenti schiavistici,  da governanti venduti o da demenzialità filosofiche e religiose.

Basti pensare a  Dante, Leopardi, Leonardo, Gallilei, Vivaldi, Verdi, Volta, Galvani, Marconi, Meucci, Maiorana, Fermi ecc. ecc. le cui opere sono eredità e realtà  inconfutabile al di la di ogni ragionevole dubbio, che non ammettono cedimenti nei confronti di qualsiasi atto di violenza, sia essa intellettuale, spirituale o materiale.

Siamo pure consapevoli che questo periodo storico e le nuove tecnologie modificano di fatto la posizione dell’uomo nei confronti della natura e delle altre specie animali, oltre ché nei confronti della tecnologia stessa.

Tutto ciò richiede massima umiltà e massima serietà.

Al fine di evitare un conflitto di ecosistema, di interessi e di specie è bene per l’uomo di praticare la giustizia con somma saggezza, altrimenti è chiaro come la luce del giorno e come il principio di causa ed effetto che accadrà l’irreparabile, di cui abbiamo completa e compiuta consapevolezza e di cui ognuno poi ne soffrirà le durissime conseguenze.

La fortemente colpita e criticata “classe dei disoccupati” sembra assumere le sembianze della feccia della terra, altre volte diventa come l’umus o il sale, ma sempre in condizione povera e umiliante anche nei confronti  delle classi più basse dei pensionati, che ormai si dividono in diversi generi e sottoclassi  è rappresentano sempre  di più la maggiore risorsa economica di questa nostra società.

Nella triste serenità della vita prendo nota che esiste un ulteriore tipo: lo stranivario, definito anche  come, un noto sconosciuto. Trattasi in sostanza di una presenza sottovalutata e disprezzata. Accade in pratica quando una persona con il dono del significato originario di se appare o viene considerata come se fosse niente, inesistente. Non si riesce a capire se socialmente è riconosciuto o se poco manca che sia cancellato. Sembra di essere nel caso in cui ci si trova ai confini della realtà.

Grazie a Dio ognuno è tutelato e in alcuni testi sacri vengono riconosciuti anche gli ultimi,  dove risultano inclusi tra i primi.

Dal canto nostro potremmo fare uno scatto di dignità e renderci conto che siamo tutti persone con diritti e doveri.

Provocatoriamente potremmo dire che è ora di cambiare anche la formula che spiega approssimativamente il PIL.

PIL = C + I +G +(X – Q) + Is

La lettera  C , che sta per consumi sta andando in esaurimento,  perché la gente per mancanza di moneta  e quindi di reddito insufficiente consuma sempre di meno,  anche se i magazzini sono pieni.

La lettera  I ,  che sta per investimento non c’è più,  non c’è nessun investimento per il futuro.

La lettera  G , che è la spesa dello stato e indica quando si spende per fornire i servizi al pubblico, rappresentando la differenza tra entrate e uscite, non si sa più che cos’è.

La costruzione artificiosa  delle imposte non  basta. Molti  pubblici impiegati di cui non si discute l’utilità, benché,  spesso impossibilitati a lavorare per le loro invalidità,  migliorano la  posizione e grazie alle nuove regole sulle cifre aggiuntive,  diventano anche responsabili dei vari procedimenti o collaudatori della befana.

Abbiamo così una delle nuove classi delineate dagli strateghi della progettazione burocratica: gli impiegati privilegiati: un ulteriore innalzamento delle differenze nei confronti degli altri lavoratori e dei  “disoccupati”.

Questi ultimi si impoveriscono sempre di più cercando di pagare “non si sa con che cosa o come le tasse fisse come ICI, rifiuti ecc.

Delle lettere  X  e  che definiscono rispettivamente  importazioni ed esportazioni,  viene  spifferato ai quattro venti che la colpa e dei bravi schiavi cinesi !    A chi legge o ascolta lascio le considerazioni su queste  demenzialità   politico-economiche.

Is  rappresenta le scorte, cioè la differenza tra produzione e vendita in uno stesso anno. Sono questi alcuni beni prodotti negli anni precedenti e non venduti. Da fonti autorevoli sembrano in positivo e sono l’unico appagamento dell’intelletto.  Chi le usa,  chi potrà usarle  o  per che  cosa servono è mistero fitto; in questa puerile affermazione governativa  pre-Keynesiana  secondo cui il mercato si regola da se.

Ricordiamo che il governo con questa scelta non ha voluto controllare i prezzi dei prodotti e dei servizi, che hanno creato un’anomalia interna del valore dell’ €uro.

A nostre spese abbiamo così potuto osservare il valore monetario del PIL, che  non esprime il valore reale della produzione di beni e servizi, ma indica il livello di crescita  generale dei prezzi, che in questo caso ha evidenziato la ripercussione sul PIL reale e sull’effettivo potere di acquisto della collettività, alterando di conseguenza il normale rapporto tra valore della moneta e valore del prodotto.

Tutto ciò assume le connotazioni di una speculazione, poiché in conclusione questa scelta ha generato un arricchimento dei detentori di certi  prodotti e servizi, finchè anche gli altri servizi e prodotti, per rivalersi hanno incominciano a variare determinando una svalutazione della moneta, una perdita del valore di acquisto e un caos generalizzato.

Una vera e propria turbativa del mercato.

Di fatto l’aver usato il concetto di libertà di mercato per non esercitare un controllo serio sulla politica economica e monetaria ha prodotto  danni notevoli,  a cui conviene porre rimedio intervenendo e individuando le giuste soluzioni.

Ricordando che:

il PIL (prodotto interno lordo) è la somma dei soli valori aggiunti, di ogni singola lavorazione, di tutti i beni e servizi prodotti dalla collettività nel territorio nazionale.  Il sistema europeo dei conti utilizza il PIL per misurare la ricchezza nazionale di un paese nel periodo di tempo (in genere  di un anno).

il PNL, cioè Prodotto Nazionale Lordo rappresenta la produzione realizzata dai fattori produttivi di un paese, indipendentemente dal fatto che essi si trovino nel paese o all’estero  (è quindi il valore della produzione del paese).

I paesi dell’ONU utilizzano questo modo per misurare la ricchezza di un paese.

Gli studi di economia politica in genere propongono un impalcatura che tende a definire il circuito economico allargato come segue:

- La Cooperazione -

Tenendo presente tutto ciò voglio comunicare alcune pensieri sulla cooperazione,  che a mio avviso ha ricevuto poca attenzione nel contesto dell’economia, nonostante la sua massiccia presenza nel tessuto nazionale.

Possiamo riconsiderarla inserendola più efficacemente nella realtà economica e nello sviluppo umano, affinché possa interagire e dare il meglio di se.

La  lunga presenza in cooperativa mi suggerisce vari pensieri :

- Il meridione non riesce ad attivare efficacemente la cooperazione;

- le cooperative sono sottovalutate all’interno stesso di molti ambienti della cooperazione;

- in molte situazioni il modello societario cooperativo viene considerato inaffidabile, tanto che  il principio della porta aperta   ( atteggiamento di ampia libertà all’accesso di nuovi soci ),  l’essere al contempo lavoratore e coimprenditore 

vengono visti come punti deboli, mentre non viene colta l’idea che la cooperativa mette nelle condizioni più  idonee per realizzare una piena democraticità nei confronti di tutti i componenti, e che rappresenta la massima espressione imprenditoriale della partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa.

La dove esistono casi di discreto patrimonio cooperativo nelle discussioni spesso si sente dire: se si pensava di realizzare tutto ciò, sarebbe convenuto sviluppare un tipo di società diversa, chiaramente molto più privata e con fini molto più personali.

In altre situazioni si racconta che in fondo lo stato o chi governa per esso, tutto sommato, è anche contento dopo aver elargito finanziamenti a un impresa, senza imporre vincoli particolari, perché l’importante è che questa diventi autonoma e produca qualcosa.

Considerazioni come quelle su esposte hanno contribuito a far si che molti capitali affluissero verso le imprese private, mentre la cooperazione almeno per quanto riguarda i finanziamenti pubblici è diventata una cenerentola.

Gran parte dello sviluppo della cooperazione, oltre che a un discreto sostegno pubblico è dovuto all’accettazione e interiorizzazione di molti importanti valori, che sono un patrimonio di indubbia consistenza.

Lo stato ha sostenuto piccole, medie, grosse aziende e industrie. Oggi diverse di queste sono in crisi, ma molte hanno fatto le valigie e trasportato un notevole patrimonio tecnologico, mentre altre ne hanno svenduto il contenuto progettuale e i processi di qualità.

Vogliamo ricordare che la costruzione di un impresa o industria non viene realizzata solo dal “proprietario dei capitali”, molti dei quali in genere vengono sostenuti dai fondi statali e quindi sono di tutti i cittadini,  ma anche dalla forza lavoro dell’azienda stessa, cioè  progettisti,  tecnici, operai e tutti quanti i lavoratori.

è anche ora di dire che le società (soprattutto quelle che vogliono iniziare ) non si finanziano costringendole a versare parte dei finanziamenti per fare polize assicurative,  ne stabilendo altre polize per i rimborsi dell’ IVA,   ne tanto meno erogando i fondi a velocità da lumaca, il cui unico risultato è il deterioramento dei fondi stessi.

Siamo comunque consapevoli delle strane connivenze tra funzionari e  banche  o degli spostamenti di bilancio, che spesso non capiamo,  soprattutto quando si gioca allo sfascio di tutto il sistema-Stato, che necessariamente richiede la fiducia reciproca tra Stato-famiglia e Stato–impresa, che in queste condizioni viene seriamente compromesso.

In questo groviglio emerge chiaramente che così come sono  strutturate queste regolette e questi finanziamentucoli  arrivano solo a qualcuno, mentre ai poveri bene intenzionati si lascia l’illusione di poter fare la richiesta, alla faccia delle pari opportunità e alla faccia della volontà di chi vuol fare impresa,  che è costretto solamente a guardare,  venendo pure accusato di immobilismo o meridionalismo.

è ora di diventare più responsabili e garantire che i capitali investiti, vengano efficacemente utilizzati e contribuiscano ad ampliare gli spazi che racchiudono le opzioni e le scelte a disposizione della gente, nella formazione, nel miglioramento e nel potenziamento delle capacità umane, come viene ribadito dai concetti sullo sviluppo umano.

In questo modo lo sviluppo si realizza e diventa più democratico e partecipato e non permettendo che pochi spregiudicati spendano il patrimonio sociale e collettivo, lasciando sulla strada le persone (progettisti, tecnici e operai),  e le loro famiglie.

In quest’ambito propongo un deciso e forte sostegno ed un notevole investimento alle attività cooperative e alla conversione e creazione di gruppi societari industriali configurati secondo i valori della cooperazione, con chiare, larghe e trasparenti basi amministrative.

Le proposte da me fatte per creare società cooperative utilizzando le strutture (capannoni ecc.) abbandonate o male utilizzate da imprenditori speculatori, hanno quasi sempre sortito l’effetto di essere considerate di difficile applicazione, perché gli enti pubblici come i comuni non sono imprenditori.

Di fatto, appena si verifica la mancanza o un vuoto della società civile, altre forze si prendono il nostro spazio privandoci del principio di responsabilità.

Nella maggior parte dei casi queste strutture vengono riutilizzate da altre società di cui spesso non si conosce la provenienza, che  utilizzano  l’economia dello stato per speculazioni che non producono alcun beneficio alle genti meridionali  e magari con la richiesta di altri ulteriori fondi pubblici.

Ed ecco che i poveri meridionali sono continuamente alla ricerca di un identità imprenditoriale,  volenterosi,  ma da sempre poveri guardoni incapaci,  puntualmente trasformati in dipendenti fino al momento dello smantellamento delle  attività.

A mio avviso la responsabilità di governo risiede nel fatto che i meridionali non vengono messi nelle condizioni di poter competere con lo strapotere economico delle grosse società e della delinquenza.

Purtroppo, molte scelte governative continuano a dirigersi verso i grossi capitali o verso le ambiguità della malvivenza a cui invece  bisogna rispondere con la giusta determinazione, sostenendo e promuovendo decisamente la cooperazione e i diritti imprenditoriali ed economici dei meridionali e di tutte le persone serie ed oneste. 

  

Si ricordano alcuni dei concetti importanti sulla cooperazione

12. La trasparenza
La produzione e la distribuzione della ricchezza, l’utilizzo dei patrimoni comuni, si devono realizzare in cooperativa nella massima chiarezza.
La riservatezza dell’imprenditore è necessaria, ma essa non può essere confusa con il segreto, soprattutto verso i soci.
I dirigenti che confondono la riservatezza con il segreto possono fare per breve tempo gli interessi dell’impresa, ma a lungo andare faranno sicuramente del male alla cooperativa.
La cooperazione è una organizzazione che non ha nulla da perdere o rischiare a essere trasparente.
Essa è una vera istituzione della trasparenza: si tratta di un grande punto di forza.

13. Struttura morale e sviluppo economico
Possedere una salda struttura morale, avere dei principi, volere il bene dei propri simili, sforzarsi per migliorare la società e le sue leggi non significa mettere i fatti dell’economia in secondo piano. Tutt’altro.
Una salda struttura morale è un vantaggio competitivo, perchè determina i capisaldi all’interno dei quali gli scambi si realizzano più agevolmente.
La possibilità di attrarre gli altri uomini con una visione sociale diviene un potente punto di forza, perché ogni volta che essi entreranno in relazione con noi, anche per una pura transazione commerciale, essi saranno toccati e toccheranno i nostri valori.
Anche in questo modo si realizza la diffusione della cooperazione, e la sua funzione sociale.

14. Il pluralismo
Il rispetto del pluralismo parte dall’assunto che le differenze tra gli uomini sono un fatto positivo, da cui derivano conseguenze altrettanto positive per tutti.
Nella nostra società il pluralismo esiste come un dato di fatto. Dobbiamo sforzarci di rappresentarlo, in modo da accrescerne il valore, che è valore di libertà.
Dare anima e principi al pluralismo significa soprattutto essere laici e democratici.

Ricordiamo inoltre che:

Le cooperative a differenza delle strutture private che vengono trasmesse all’interno delle famiglie ai loro eredi,

vengono trasmesse nel tempo alle future generazioni.

è importante la promozione e l’educazione cooperativa con i valori e i principi,  nonchè il controllo che questi principi e valori vengano osservati e praticati .

occorre essere consapevoli che la globalizzazione non è "neutra", ma dipende da quali valori la ispirano, da chi la dirige e come.

Per il risanamento dell’intero tessuto economico e produttivo, vanno inoltre intraprese altre azioni in diverse  direzioni.

Io penso,  (sicuramente anche altri lo penseranno, per il momento molti tacciono, ne sono testimonianza le leggi in vigore) che è una scemenza far pagare tasse a studenti universitari, per garantirsi il diritto allo studio, semmai deve essere lo Stato a pagare gli studenti perché frequentano le università. 

I concetti sullo sviluppo umano dicono che:

L’impossibilità di disporre di alcune di queste opzioni può inoltre pregiudicare la possibilità di accedere a molte altre sfere della vita umana: è quanto avviene, ad esempio, con riferimento all’istruzione e alla conoscenza, che rendono possibile l’esercizio di altre scelte sul fronte, ad esempio, della salute e della possibilità di accedere alle opportunità economiche o alla vita politica.

Le tasse sullo studio sono una chiara e palese scelta contro lo sviluppo umano, chi la propone o chi la sostiene ne è responsabile,  praticando spudoratamente la discriminazione economica.

Io penso, che le regole che stabiliscono tasse fisse a rendite non attive e in particolare a disoccupati o a chi non può pagare, rappresentano un istigazione allo sfruttamento e alla schiavitù,  e sono contro lo sviluppo umano (Tra le scelte essenziali per la vita umana rientrano certamente la disponibilità di risorse sufficienti a garantirsi un tenore di vita dignitoso) e sono anche chiaramente contro la costituzione Art. 53,  che dice: Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.   Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.

Chi sostiene tali atteggiamenti di pressione fiscale ne è responsabile, perché sta praticando violenza alle persone impossibilitate a far fronte ai bisogni primari.

A titolo di chiarimento aggiungo che:

a chi non è in condizione o non dispone del reddito necessario e sufficiente a garantirsi un tenore di vita dignitoso, invece di imporre tasse fisse come ICI, spazzatura ecc.,  deve essere corrisposto un reddito aggiuntivo non tassato.

Mi riferisco ai disoccupati, ma anche a qualsiasi persona “lavoratore o non” che non riesce a realizzare un reddito superiore alle proprie spese.

Eventuali imposte possono essere richieste alle persone, quando il loro reddito eccede quello che soddisfa tutte le esigenze di una vita dignitosa.

Al disotto di questo reddito non può essere richiesto nessuna tassa, tributo, imposta fissa e non,  o qual si voglia dire.

Io penso, che lo stato debba istituire un organo specifico e indipendente con il compito di vigilare e attivare azioni legali e civili contro gli abusi di qualsiasi genere, compresi quelli che si nascondono tra le pieghe dei regolamenti e dei poteri dello stato stesso.

Ritengo che l’attuale inesistenza di questi organismi, sia da ritenersi incompletezza organizzativa all’interno della struttura dello stato, mentre le forme di impunità proposte dai legislatori,  come ad esempio le immunità parlamentari,  sono contro uno dei valori su cui poggia lo stato stesso e la nostra civiltà, che dice testualmente:

la legge è uguale per tutti :  altrimenti legge non è.

Per dare ulteriori spunti di riflessione mi permetto di citare un esempio di abuso:

L’anatocismo, la prassi più utilizzata dalle banche a proprio vantaggio e a danno dei loro clienti, cioè il calcolo degli interessi sugli interessi.

Calcolo che per legge  il codice civile all’art. 1283 stabilisce solo a chiusura anno, mentre le banche lo praticavano a scadenza trimestrale, dimostrando con questo fatto di praticare l’usura alla pari dei criminali, sotto l’occhio disattento o connivente di tutto il sistema italiano.

Questa prassi è rimasta in vigore dal 1952 al 1999, mentre è finalmente arrivata la definitiva decisione della cassazione che si è pronunciata, sottolineando anche il valore retroattivo della sentenza, ma solo dopo che il problema era stato sollevato da un’ associazione.

Un grosso ostacolo all’effettiva applicazione della sentenza stava nel fatto che il disegno di legge sulle azioni collettive ha dormito per anni in parlamento e quindi ai risparmiatori non rimaneva che l’azione della strada individuale, completamente incompatibile per i costi e i tempi di una causa civile.

In questi giorni la Camera dei deputati ha approvato la proposta di legge per introdurre nell’ordinamento italiano l’istituto della `class action`.  il testo ora passa al Senato.

Allo stesso modo io penso, che debba essere costituito un organo di ispettori per vigilare sull’operato dei vari funzionari pubblici, non per creare uno stato di polizia, ma perché deve esserci coerenza tra modalità e regole di gestione, organizzazione e governance, modelli  e  controllo.

In questa prospettiva quanto più le modalità e le regole di gestione sono sofisticate, tanto più è necessario acquisire elevate competenze e robuste tecnologie di controllo.

La cosa non è da sottovalutare poiché molte zone del sistema pubblico non funzionano proprio perché ci sono soggetti  incontrollati che delinquono e in molti ambiti avvengono fatti deplorabili.

Basti pensare agli abusi perpetrati negli ospedali da medici incapaci o dalle comunelle che si creano in certi ambiti amministrativi o nei servizi dei tichet e delle prenotazioni, o alle nuove tecniche di guerriglia tra medici condotti e specialisti ambulatoriali per costringere i cittadini a rivolgersi a gruppi  privati, mentre molti di questi intanto vivono con “l’aggiunta“ dello stipendio pubblico.

Se poi pensiamo all’ abuso di  potere degli altri  funzionari  pubblici si può scrivere un’enciclopedia.

Voglio dire che la delinquenza è molto diversificata e non è solo quella classica, ma anche quella nascosta negli uffici delle grandi strutture pubbliche, bisogna incominciare a prenderne atto, diventare consapevoli che il problema esiste e porvi rimedio, visto che interferisce con le famiglie, con le imprese e quindi con la produzione, con l’economia e con tutto lo sviluppo umano.

Con rammarico dobbiamo ricordare che purtroppo questa delinquenza viene spesso coperta dagli organi dello stesso stato con la sua noncuranza e ciò è molto più pericoloso ed aberrante.

In queste condizioni e per tali atteggiamenti è estremamente pericoloso lasciare la rivalsa al singolo cittadino attraverso l’azione della strada individuale, che può trasformarsi in azioni distruttive tipo terrorismo.

Ricordiamoci che far ricoprire incarichi pubblici importanti e meno a persone immature, furbe, prive di scrupoli e senza valori morali ed etici (ipocriti,usurai e parassiti) equivale al mettere in rischio la vita di tutta la società.

Quest’ultima riflessione deve farci riflettere sugli errori compiuti a cui deve seguire e manifestarsi lo spirito di ravvedimento attraverso la rimozione dai posti pubblici degli individui dannosi, assegnando loro il posto che giustamente compete nella società.

Se non avviene la correzione dell’errore questo produrrà ulteriore errare, con conseguenze distruttive facilmente prevedibili.

Volendo pensare alla politica meridionale e locale,  basta guardare alla pianura di Sibari  è alla città che non c’è per avere un quadro rispondente  e preciso e capire cosa bisogna fare.

In più di 45 anni di vita vissuta quasi nessuna mutazione, l’unico punto fermo è il paesaggio notevole, che dalle montagne di Plataci come in un balcone da la sensazione di essere sopra la pianura di Sibari, che non si capisce a cosa assomiglia.

In altri posti simili sono state costruite città come Napoli o New York, qui invece è il luogo della mediocrità e della desolazione agri-urbanistica.

La sibaritide è senza un piano regolatore, che altro si può dire, che  ogni tanto si vede spuntare qua e la qualche ridicolo e isolato fabbricato.

Vorrei chiedere ai governanti italiani e calabresi cosa motiva tanta avversione e produce un tale scempio.

Se si dovesse progettare una città in questa pianura, penso che da Trebisacce a Rossano le costruzioni che vale la pena di non radere al suolo sono veramente poche.

A Reggio Calabria di fronte a Messina c’è scritto: “il più bel chilometro d’Italia”.

Reggio, Crotone, sibari, Metaponto, Taranto, Brindisi, Bari, ecc. ecc., si potrebbe dire che c’è buona parte di quella che una volta era la Magna Grecia e non  manca la bellezza, la storia o le potenzialità, manca chi sa governare.

Cosa si può aggiungere all’espressione di Bertinotti quando afferma che la democrazia comincia da due  e proprio a Plataci l’altro anno ha detto : il meridione è una  miniera a cielo aperto.

Si potrebbe  dire che il governo che spesso non c’è  è uno,  noi  meridionali e gli altri siamo il due,  stiamo aspettando  la democrazia.

Auguriamoci che finalmente si trovi la volontà di differenziarsi da classi di governanti che si sono spesso adeguate e vendute,  svendendo a basso prezzo il principio di responsabilità di tutti i meridionali.

Per l’ennesima volta esiste l’occasione per attuare una politica di sani e proficui  investimenti,  con  le grandi ricchezze  di cui il meridione dispone.

Conviene ricordare che queste ricchezze valgono parecchio e sono composte in primo luogo da una enorme forza pensante e operativa,  migliaia e migliaia di disoccupati, tra cui geni che in queste condizioni non possono fare altro che dormire, studenti, professionisti e lavoratori, maschili e femminili, ognuno con un dono particolare; cose queste che ormai  sanno pure le pietre,  si tratta solo di riconoscerlo.

Come impiegare i disoccupati e chi è volenteroso ?

Con chiara consapevolezza della modestia dei dati a mia disposizione e quindi della difficoltà a progettare soluzioni,

ma con chiara consapevolezza delle differenze esistenti ed emergenti nella nostra società, visibile a tutti.

In particolare pensiamo allo sviluppo che assumono i capoluoghi di provincia, sia sul piano urbanistico che economico e culturale, mentre le periferie rimangono sottosviluppate, di cui un esempio evidente è la pianura di Sibari e le zone montane.

Mi esprimo consigliando di intraprendere le seguenti azioni:

1 - istituire un centro di coordinamento della ricerca in ogni provincia con il compito di catalogare e ordinare in modo efficacemente fruibile gli studi sui vari campi, creando dei processi conoscitivi di qualità, che attualmente se pur presenti in minima quantità in internet risultano estremamente frammentati.

Queste  strutture in collaborazione con le università e con i ricercatori dovrebbero fare il lavoro principale di perfezionamento e sperimentazione, dotate di laboratori specializzati,  essere disponibili a tutti i cittadini e fornire le informazioni di base per i processi produttivi e industriali nello spirito della cooperazione, condivisione e della divulgazione libera e gratuita.

2 – Istituire un centro di coordinamento della cooperazione in ogni provincia, gestito insieme ai rappresentanti delle centrali cooperative, in cui far convergere la cultura della cooperazione,  le sue proposte progettuali, operative  e la formazione, con compito specifico di supportare le cooperative presenti, formare nuove cooperative, e sostenerle fino all’avvio della produzione.

3 – Siamo entrati nel terzo millennio è ora di migliorare lo standard di vita costruendo un tessuto urbanistico armonioso e in equilibrio con la natura. è importante un massiccio investimento pubblico per le nuove tecnologie e le nuove costruzioni,  che deve far scendere in campo tutte le forze presenti. Ricordiamo che tutti hanno il diritto di avere una casa in proprietà.

4 - Allo stesso modo, al fine di far ripartire l’economia lo stato deve intervenire con un massiccio e deciso investimento per effettuare il rinnovo del parco tecnologico di tutte le cooperative, imprese, aziende, e singoli operatori.

Ricordo che è sotto gli occhi di tutti, che i nostri prodotti non sono più concorrenziali, perché in molti casi non si è proceduto con le necessarie innovazioni tecnologiche nelle procedure di sperimentazione e produzione.

Prendiamo consapevolezza che esistono enormi differenze economiche e sociali e in queste condizioni si rischia di aumentarle.

Bisogna rilevare che molti disoccupati, agricoltori, medici, professionisti ecc. non hanno le disponibilità economiche di attrezzarsi, e questo costituisce discriminazione nei confronti di chi invece possiede capitali, oltre che impossibilità di lavorare. In questi casi lo stato deve intervenire senza indugio, fornendo gratuitamente, le strutture, la nuova tecnologia, e un minimo di sostegno economico iniziale per avviare le attività, invece di costruire astruse procedure bloccanti e discriminanti.  è ora di abbandonare i finanziamenti in percentuale di questo o quell’altro. Il finanziamento va dato per intero, erogato velocemente,  e magari in luogo di un  finanziamento si può concedere direttamente l’attrezzatura o le strutture, per evitare speculazioni e divagazioni. Buona parte del territorio calabrese è in abbandono, in prevalenza quello montano  e  per quanto potrebbe apparire strano capita spesso anche di sentire dalle persone e dai disoccupati le espressioni come:   se avessi la possibilità di comprarmi una macchina, un trattore, un furgone o un escavatore ecc. 

Se, come stato non vogliamo fornire gli attrezzi da lavoro e la possibilità di utilizzare bene il territorio,  oggi che esiste una discreta tecnologia e i magazzini sono pieni, mi chiedo e vi chiedo: quando lo faremo ?

5 – Istituire in ogni comune analogamente centri di coordinamento sia per la ricerca che per la cooperazione in continuo contatto con i centri provinciali.

Potenziare le possibilità di accesso alla tecnologia, anche promuovendo e istituendo specifici depositi attrezzati.

Ricordiamo che molti giovani sono dotati di notevole estro creativo, ma non possono esprimersi,  poiché  a differenza di quello che avviene in altri stati, come per esempio negli stati uniti, dove una persona può facilmente accedere ad attrezzature elettroniche e meccaniche, e costruire ogni sorta di apparecchiatura, qui da noi sembra di essere in un deserto tecnologico,  oltre che in un impedimento economico. 

La ricerca è ferma, e c’è una sorta di crollo della nostra tecnologia, chiaramente impedita e occultata alla nostra gente e alle nostre imprese. E ora di chiedesi da chi e perché.

 

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